LIBRI CHE RIMARRANNO/8: ''L'architettrice'' di Melania G. Mazzucco

Due cose mi conducono a proporvi la lettura di questo romanzo: la nostalgia di Roma, e una notizia di costume rilanciata dai social, e che si può trovare per esempio qui "Sardegna, arriva il timbro al femminile: sulla firma c'è scritto "Architetta"
Parto da questo secondo, che riporta alla ribalta con la dizione "ARCHITETTA" una polemica stantìa che il politically correct mi impedirebbe di definire risibile, ma io me ne frego. Anche perché ho amiche degnissime architetti che se chiamassi al femminile mi righerebbero l'auto da parte a parte.

Mi manca Roma, dicevo. La mia Roma, quella decadente e odorosa delle stradine tra il Tevere e il Mausoleo di Augusto, quella di Palazzo Zuccari e degli amori di Andrea Sperelli. Non la Roma dei turisti, quella degli innamorati. E in cima alla lista delle cose da fare appena potrò rimetterci piede - seconda cosa dopo la gricia dalla sora Lella sull'Isola Tiberina - c'è una puntata a via S. Pancrazio, sul Gianicolo, a vedere il Vascello. O quel che ne rimane, comunque, dopo che gli sconti romani del 1849 l'hanno pressoché distrutto.

Si chiamava così la villa che Plautilla Bricci, architettrice, progettò e costruì in pieno Seicento, quando il fin del poeta era la maraviglia, e anche gli architetti non scherzavano. Ne rimane, per esempio, l'ingresso, modellato come se fosse uno scoglio sopra il quale la villa era incagliata. Voglio andare a vederlo.


Il romanzo di Melania G. Mazzucco ha la potenza che i grandi libri hanno, di renderti curioso, di blandirti e poi costringerti con fermezza ad aprirne altri, di libri, ad andare a vedere quei luoghi, a imparare di più. Cinquecentocinquantaquattro pagine di romanzo, in una stagione in cui la brevitas viene eletta a virtù, sono un palazzo esse stesse, e portano con sé il piacere e la nostalgia per i libri di grande respiro e di ancor più grandi vedute, come questo in effetti è.

È la storia di un artista. Che sia maschio o femmina in realtà poco dovrebbe importare. Ho amiche scrittrici che inviperiscono come l'architetta di prima ogni volta che i loro libri vengono valorizzati perché scritti da una donna. Il momento in cui Plautilla sigla, di fronte alle attonite maestranze maschili e burine, la lamina di piombo seppellita nella terra vergine accanto alla prima pietra della villa in costruzione è bellissimo. È la storia di una donna, anche, raccontata da una donna. E di una figlia della quale il padre, genio plebeo, materassaio, attore, pittore di poca fama, dovette rassegnarsi ad essere fiero.

Insieme a "Prima di noi" di Giorgio Fontana e "Di guerra e di noi" di Marcello Dòmini, "L'architettrice" (Einaudi, 2019, Euro 22) è finalista al Premio Manzoni che siamo in attesa di poter celebrare, speriamo la prossima primavera. Tra le cose che non vedo l'ora di fare c'è anche intervistare Melania Mazzucco, e far rivivere attraverso di lei il genio di Plautilla, architettrice. Non "architetta". Che se no l'elenco di lemmi emendabili in ottica gender fluid è lungo.

Propongo, tra gli altri, con opportuna definizione:
GIUDICESSA = magistrato dai tratti somatici poco graziosi
GEOMETRO = tecnico edile dotato di opportuno strumento di misurazione
TAXISTO = autista senza benzina
CICLISTO = piantato sui pedali in salita
PRESIDA = con l'accento è dirigente scolastica dai costumi chiacchierati
ASSISTENTA = collaboratrice che ammette di far fatica
MASCHILISTA = a scelta: 1) elenco di ragazzi; 2) uomo ignorante
FEMMINISTA = a scelta: 1) difensore/difensrice dei diritti delle donne; 2) demolitrice della lingua italiana
AVVOCATA (nostra, orsù)
RETTORA = responsabile di scuola cattolica pro tempore
ARCHITETTRICE = romanzo bellissimo.
Stefano Motta
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