Merate: l'amministrazione porta in scena la vicenda di Árpád Weisz per la Memoria

L'amministrazione comunale di Merate ha deciso di spostare il tradizionale appuntamento per la Giornata della Memoria in una piazza virtuale. Durante il pomeriggio di ieri, sabato 23 gennaio, infatti, è stato trasmesso in diretta streaming lo spettacolo "Dal campo di calcio ad Auschwitz, storia di un allenatore ebreo e della sua famiglia", scritto e diretto dall'attore e poeta teatrale Davide Giandrini.

L'appuntamento, organizzato dall'Assessorato alla Cultura e parte della 17° rassegna Circuito Spettacolo dal vivo col contributo della Provincia di Lecco, è stato occasione di riflessione di che cosa significhi "fare memoria" oggi. Il protagonista, infatti, da solo sul palco, ha dato voce alla storia di Árpád Weisz, primo allenatore straniero ad aver vinto il campionato di calcio italiano in serie A, durante la stagione 1929-1930 - la prima a girone unico. Árpád, ungherese classe 1896 e di origini ebraiche, nutre una forte passione per gli studi di legge, la letteratura, la musica d'opera italiana ed il calcio.

"Un uomo elegante, sobrio, che a volte indossava un mantello blu ed un cappello grigio, calato fin sopra gli occhi" racconta Giandrini, illuminato sul palco da un unico fascio di luce. "Nel 1923, gli osservatori del Padova Calcio vedono in azione Árpád durante un'amichevole Ungheria-Italia disputata a Genova, decidendo subito di ingaggiarlo". Dopo una breve parentesi da calciatore, Weisz dà inizio alla sua carriera da allenatore, sposando nel 1929 l'amata Elena, anche lei ebrea ungherese, con la quale avrà due figli, Roberto e Clara.

Prima mister dell'Inter e poi del Bologna, nel 1930 scopre un giovane talento, destinato ad entrare nella storia del calcio, Giuseppe Meazza. Árpád, che non frequenta la comunità ebraica né la sinagoga, è a Bologna quando il governo fascista "si riserva di vigilare sull'attività degli ebrei venuti di recente nel nostro paese, e di far si che la parte degli ebrei nella vita complessiva della nazione non risulti sproporzionata".


Il talentoso allenatore ha vinto ben 3 scudetti nel nostro paese, diventando famoso per essere un tecnico preparato, serio e soprattutto vincente. La propaganda fascista, però, inizia a prendere piede, preparandosi il terreno. "Nel 1938, Árpád compare ufficialmente nella lista degli ebrei stranieri da cacciare, dopo il censimento voluto da Mussolini" racconta la voce narrante. "D'un tratto, per lui non ci sono più giocatori da scoprire, squadre e astri nascenti. Non esiste più nulla, se non provare a difendere la propria vita".

Nel 1939, la famiglia Weisz lascia l'Italia, spostandosi dapprima a Parigi e poi in Olanda, a Dordrecht. Cercando di mantenere la propria dignità, marito e moglie con i due figli iniziano una nuova vita, assistendo, il 10 maggio del 1940, alla calata dei primi paracadutisti tedeschi in città, che capitola, finendo quasi subito nelle loro mani. La guerra imperversa in Europa, e nei Paesi Bassi viene imposto il licenziamento di tutti gli ebrei dal servizio civile, fino a che, l'1 maggio del 1942, viene promulgata la legge che impone loro di indossare la famosa stella gialla sugli abiti. Pochi mesi dopo, la Gestapo bussa alla porta dei Weisz, arrestandoli. Nemmeno il tempo di dire addio a quella che ormai era divenuta casa loro, e Árpád, la moglie e i figli vengono deportati a Westerbork, un campo di lavoro e di transito a nord-est dell'Olanda. Qui rimangono poco tempo, e il 2 ottobre i Weisz salgono sul vagone che li condurrà ad Auschwitz, in Polonia. Elena, Roberto e Clara sono giudicati inadeguati per lavorare, e pochi giorni dopo vengono condotti nelle camere a gas, andando incontro a morte certa. Árpád, rimasto ormai solo, resiste per quindici lunghi mesi ai lavori forzati. Fino a che, come ha raccontato Giandrini con voce grave, "il 31 gennaio 1944 suona per lui il triplice fischio finale".

L'iniziativa proposta dal comune di Merate è stata dunque un modo per tenere viva la Memoria anche in questo periodo d'emergenza, in cui non dobbiamo però dimenticare di porre attenzione sui molti episodi in cui odio, razzismo e discriminazione minano le nostre vite.

G.Co.
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