L’incapacità del Governo genera due Italie, quella garantita e quella alla fame
Ora però ci sentiamo di ignorare educazione e pure don Franco e ripetere che questa banda che ci governa è peggio di una squadra di dilettanti allo sbaraglio. Che però giocano col fuoco.
I fatti sono noti e sempre più condivisi. A ottobre ci si blandiva dicendo che con qualche sacrificio avremmo festeggiato il Natale. Così siamo finiti in zona rossa con la conseguente chiusura di tutte le attività commerciali e il rallentamento di quelle produttive. Nonché la privazione totale della libertà individuale. A dispetto di altre regioni, leggi Campania e Lazio rimaste inspiegabilmente gialle. Poi siamo passati nella zona arancione ma i risultati sono rimasti scarsissimi, per noi che viviamo in piccoli paesi: mobilità da criceto nella gabbietta e colazione sotto la pioggia nei bicchieri di carta con bastoncino di plastica.
Però i furbacchioni - perché lo sono - che scrivono i Dpcm, consentendo l'asporto ad alcune categorie merceologiche, con un colpo di spugna hanno azzerato i cosiddetti "ristori" che poi, se anche corrisposti assommano mediamente a un decimo del guadagno e a un centesimo del ricavo. Così interi comparti economici hanno subito drammatiche riduzioni di fatturato, perché se le filiere a valle sono chiuse, esempio i ristoranti, è inutile produrre torte; senza peraltro ricevere un solo euro. Spesso molti piccoli artigiani hanno dovuto arrangiarsi con 600 euro + 600 euro e poi cinghia tirata sempre più stretta mentre i loro dipendenti sono fermi alla Cig di agosto.
In questo quadro già di per sé sconfortante si inserisce la farsa di natale. Prima gialli per tutto il periodo salvo il rosso a natale e capodanno, poi - insensibili al fatto che molti operatori in questa prospettiva avevano fatto scorte - ecco che il giallo diventa arancione e il rosso subisce una ulteriore estensione. Anche se, all'alba del 18 dicembre ancora nulla si sa di preciso. Chi deve partire non sa se lo potrà fare e se potrà mai tornare, chi resta cerca di intuire se sarà possibile invitare a pranzo parenti non conviventi, anche se di primo grado, gli artigiani sbandano tra scorte ordinate da pagare e prodotti finiti da buttare, il tutto ancora senza ristori il cui valore è come sopra.
In tutto questo caos sgovernato dai Boccia, Conte, Casalino e Speranza si stanno delineando due Italie, un processo che produce una cesura ancor più pericolosa di quella innescata da Bossi negli anni novanta: l'Italia dei garantiti a prescindere, cioè tutto il tessuto pubblico che soffre semmai di clausura ma non di borsa e l'altra Italia quella che oltre alla clausura rischia anche la fame.
Facile imporre le regole quando ogni mese si incassano 15mila euro netti, e non è retorica né demagogia. E' dire le cose come stanno. E altrettanto facile pretendere che siano rispettate quando si ha la certezza dello stipendio a fine mese. Bisogna calarsi nei panni delle partire iva, dei commercianti, degli artigiani, delle piccole imprese che sono poi la spina dorsale del Paese che produce, prima di pontificare a reti unificate.
In Germania ancor prima del coprifuoco sui conti correnti sono arrivate tre mensilità anticipate. In Italia il ricorso alla Cassa integrazione nella gran parte dei casi azzera anche la tredicesima. Accessorio peraltro sconosciuto tra gli autonomi.
Giunti a questo punto verrebbe da pensare che però i ricchi parlamentari qualcosa staranno pur studiando per alleviare le pene psicologiche e economiche. Quando mai, in parlamento si stanno accapigliando per abolire i decreti Salvini sull'immigrazione che poco o tanto sono serviti a contenere l'invasione. In prima fila i Cinque Stelle che hanno votato convinti tali decreti quando stavano con la Lega e ora li rinnegano perché sono alleati al Pd.
Una vergogna senza precedenti. Del resto se dovesse cadere il governo dai capi pentastellati ai gregari dovrebbero trovarsi un lavoro. Per molti di loro, il primo lavoro.