Fabio Sassi: le sfide a sostegno delle fragilità. In hospice corsie protette per vedere i degenti. Crollo di donazioni di 200 mila €

Il sostegno e l’accompagnamento nell’ultima fase della vita dei malati terminali è carico di responsabilità in questo tempo di pandemia. Grande consapevolezza c’è tra gli operatori del settore di quanto sia delicato e importante per una famiglia stringersi attorno al proprio caro in uno stadio di malattia incontrovertibile. Sul nostro territorio dal 1989 l’associazione Fabio Sassi raccoglie risorse e cerca di dare risposte ai bisogni dei pazienti, garantendo loro la dignità fino all’ultimo istante di vita. L’hospice Il Nespolo è un fiore all’occhiello del Lecchese, così come i servizi che l’associazione offre con l’assistenza domiciliare e l’attività rivolta ai malati di SLA che risiedono a Villa dei Cedri a Merate.
In piena era Covid-19, a fine settembre, è stato eletto il nuovo Consiglio di Amministrazione della Fabio Sassi, che ha nominato Daniele Lorenzet come presidente, conosciuto nel Meratese per essere stato per 10 anni assessore all’Istruzione di Osnago e, per ulteriori 5 anni, vice sindaco. È stato anche vice presidente del Sistema Bibliotecario della Provincia di Lecco. Da 6 anni è inserito nella Fabio Sassi, dapprima come volontario, poi come membro del CdA e responsabile dei volontari.


Daniele Lorenzet e l'Hospice Il Nespolo di Airuno

Cosa è accaduto nel vostro hospice da quando è scoppiata la pandemia?

“Da febbraio è cambiato molto. A marzo mi è toccata l’ostica decisione di bloccare tutti i volontari che non potevano più entrare nella struttura. Abbiamo tirato avanti lo stesso giorno dopo giorno, cercando di non disperdere i volontari. Ne sono rimasti 214, praticamente tutti. Ricordo che il 13 marzo ero in hospice e mi sono domandato: ‘Adesso cosa facciamo?’. Così mi è venuto spontaneo scrivere una mail ai volontari. Da allora, ogni giorno, scrivo e trasmetto loro una sorta di pagina del diario in cui riepilogo quello che stiamo facendo, ma non solo. Prendo spunto dai giornali, dalle canzoni, per tentare di mantenere costante il contatto”.


Non sono ancora tornati operativi i volontari?

“Non esattamente. Dopo il primo lockdown siamo riusciti a far ripartire il servizio di accoglienza al Nespolo. Una trentina di volontari, di età inferiore ai 70 anni, è attiva dunque al centralino e a svolgere le operazioni di triage per chi entra. Sono fermi invece per l’assistenza nelle stanze dell’hospice, per l’assistenza domiciliare e a Villa dei Cedri per i malati di SLA. I volontari hanno dovuto frequentare, così come il personale, dei corsi di formazione su come affrontare questo delicato momento, soprattutto in materia di prevenzione”.


Ha appena parlato di triage. Chi viene sottoposto a queste misure di controllo?


“Chiunque entri nella struttura: i fornitori, gli addetti delle pompe funebri, e anche i famigliari dei nostri ospiti. Siamo riusciti a creare dei percorsi per loro. Può entrare un parente al giorno per ciascun ospite. Forniamo sovracamici, guanti, gel igienizzante, al limite occhiali protettivi e mascherine se non le hanno già con sé. Effettuiamo la sanificazione degli ambienti due volte al giorno, prima e dopo l’orario delle visite, che si estende su due turni: dalle 10.00 alle 14.00 e dalle 14.00 alle 18.00”. In generale, seguiamo un rigido protocollo di sicurezza che aggiorniamo dopo ogni novità normativa introdotta dai DPCM e le delibere regionali”.

Ospitate anche pazienti Covid?

“No, e non per scelta. L’hospice non è strutturato per consentire la separazione delle aree 'sporche' perché Covid e ''pulite''. In questo modo è anche più facile per noi riuscire a garantire l’ingresso ai parenti, che ci tengono a trasmettere fino all’ultimo l’affetto al proprio caro malato. Quando arrivano dall’ospedale si rendono conto della differenza perché lì è chiaramente vietato l’ingresso di persone estranee all’ambiente lavorativo, mentre da noi, seppur con tutte le opportune precauzioni, possono vedere il parente. È una forma di sollievo. Ne vale di tutti gli sforzi per renderlo possibile. È chiaro che non è come prima, gli ospiti che in precedenza avevano passato un periodo da noi si accorgono dell’assenza dei volontari nelle stanze. Idem per i parenti che spesso si sfogavano con loro. D’altra parte facciamo quello che si può”.


Quanto ha impattato il Coronavirus sulle vostre risorse?

“Notevolmente. Senza dubbio. A fine ottobre abbiamo registrato 200mila euro in meno di donazioni rispetto al 2019. Da un lato perché, comprensibilmente, i cittadini in questi mesi hanno preferito indirizzare denaro agli ospedali in sofferenza e alla Protezione civile. Dall’altro abbiamo dovuto annullare tutte le iniziative benefiche della Fabio Sassi, che ci aiutavano a sostenere le attività dell’hospice. Penso alle cene, al torneo triangolare di calcio in memoria del Brigadiere Capo Tino Triolo, che era stato uno degli ospiti del Nespolo, a cui partecipavano gli uomini dei Carabinieri, della Polizia e della Guardia di finanza. C’erano poi i banchetti, la sfilata di moda, la camminata. Fortunatamente quest’anno riceviamo in anticipo la quota del 5x1000 di 145 mila euro. Purtroppo fino ad ora non abbiamo avuto risorse straordinarie da Enti superiori, né dallo Stato né dalla Regione. Chiuderemo l’anno in perdita di 120 mila euro”.



L’hospice ha in tutto 12 stanze. Sono tutte occupate al momento?

“Attualmente abbiamo 8 ospiti. I numeri del personale, nonostante le difficoltà del momento, non li abbiamo mai ridotti per offrire la stessa qualità di sempre. Penso che molte famiglie temano, dopo i molti casi di morti nelle RSA, che strutture come la nostra non siano un luogo sicuro. Inoltre danno per scontato che non potranno vedere il loro caro una volta che viene inserito da noi, anche se non è così”.

Siamo certi che non vi arrenderete facilmente. Quali sono i programmi per il futuro?

“Non potendo svolgere le iniziative pubbliche, come CdA abbiamo deciso di rinnovare la nostra presenza in rete per far conoscere anche lì il nostro impegno sul sociale e la tutela della dignità dei malati terminali. Con un contributo della Chiesa Valdese, installeremo un sistema di interfono con telecamere grazie al quale sarà possibile comunicare tra le stanze. Un’azienda ci ha donato delle smart tv, per cui dobbiamo potenziare il Wi-fi. Alcuni progetti sono rimasti in sospeso. Uno particolarmente interessante lo sta seguendo il gruppo di volontari che si occupa dei malati di SLA. Uno di loro è esperto in informatica e sta sviluppando un’applicazione che consente al paziente di selezionare delle icone con dei messaggi chiave pre-impostati attraverso una barra oculare che intercetta il movimento degli occhi. Sempre con lo stesso programma potranno comunicare con amici e parenti su WhatsApp. In alternativa alla barra oculare, che ha dei limiti sugli aggiornamenti essendo un software privato, si pensa di utilizzare lo stesso principio ma con la telecamera del comune computer portatile. L’app verrà messa in rete e chiunque la potrà scaricare. Sarebbe interessante integrare successivamente il sistema con la domotica. Il tutto è nato dall’intuizione di un paziente affetto da SLA, appassionato di informatica, che ha usato una barra oculare per comporre le frasi andando a puntare gli occhi su una tastiera proiettata”.
Marco Pessina

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