Bar e ristoranti chiusi dalle 18, per i titolari sarà un 'salasso'. La rabbia è diffusa: norme sempre rispettate, così moriremo

Si sentono traditi perchè negli ultimi mesi hanno adottato rigorosamente tutte le precauzioni necessarie per affrontare questo tempo di pandemia, ma anche presi in giro perchè i sostegni arrivati con il primo lockdown non sono bastati a sopperire alle perdite.
Per bar e ristoranti scatterà da questa sera l'obbligo di chiusura dalle 18, fatta salva l'attività di consegna a domicilio e d'asporto fino alle 24, e in alcuni casi – come per il Miki Bar di Merate o il Papetee di Cernusco Lombardone, per citarne alcuni – ciò significa chiusura totale e dipendenti lasciati a casa da un giorno all'altro, almeno per il prossimo mese. Per altri, nel Meratese, il Dpcm in vigore da quest'oggi vorrà dire fare i conti con perdite gravissime. E' perciò molta la rabbia, diffusa tra tutti i titolari dei locali che ottengono buona parte del loro ingressi nelle ore serali.
''Con queste nuove regole perderemo sicuramente il 50% del lavoro, se non addirittura di più'' è stato il commento di Stefano Li Pira, titolare del Qbo di Merate. ''Abbiamo sette persone che si occupano della sera e l'unica cosa che possiamo fare al momento è capire se richiedere per loro la cassaintegrazione oppure farli ingranare in qualche modo nel turno del mattino. Stiamo ancora capendo come muoverci. Le ultime settimane, con la chiusura alle 24, sono già state abbastanza difficili. Arrivavamo da un periodo, quello estivo, tendenzialmente buono anche se si lavorava a metà regime dovendo rispettare le varie restrizioni. In questo modo risulta tuttavia difficile andare avanti. Sinceramente, non posso pensare di basare la mia attività sugli aiuti che arriveranno. Mi serve lavorare per pagare l'affitto, nient'altro. Di mestiere non faccio il virologo o il politico, ma personalmente non trovo giusto che per sei mesi ci abbiano imposto di lavorare sottocosto per poi arrivare a farci chiudere metà giornata. Significa che qualcosa non ha funzionato''.
Massimo Cogliati
del Brut di Merate
''E' un disastro, così ci mettono in ginocchio'' sono state invece le parole di Massimo Cogliati, titolare del Brut di Merate. ''Sono una persona che non molla e continuerò a fare il possibile pur di sopravvivere. Abbiamo aperto in piena pandemia, assumendo cinque persone. Non so se saremo aiutati, se potremo utilizzare la cassaintegrazione. So che proveremo ad occuparci solo del pranzo, che per noi è una novità e non so sinceramente come potrà andare. Faremo anche le consegne a domicilio, se sarà necessario, ma è certo che avremo perdite non inferiori all'80%. Proveremo in tutti i modi a far quadrare i conti, anche con questo nuovo Dpcm''.
Pietro Dell'Acquila del
Papetee di Cernusco
Alcuni locali, come anticipato, rimarranno chiusi per almeno un mese. ''Al 99% con le nuove disposizioni chiuderemo, stiamo valutando'' ha spiegato Pietro Dell'Aquila, titolare del Papetee di Cernusco, oltre che dell'Osteria da Pietro di Merate. ''Come successo nel primo lockdown, dovremo al momento interrompere la collaborazione con il personale con contratto a chiamata e vedere di utilizzare la cassaintegrazione per gli altri. Siamo sicuramente molto sconfortati e allo stesso tempo senza prospettive. Non so obiettivamente quale sarebbe potuta essere l'alternativa a queste nuove chiusure. Faccio il ristoratore e non il medico, ma posso dire che con un po' più di buonsenso da parte di tutti forse saremmo riusciti ad evitarle''.''Le nostre perdite si aggireranno intorno al 70%'' ha invece raccontato Stefania Frigerio, titolare del Barlà di Arlate oltre che di due locali nell'isola bergamasca. ''Abbiamo provato durante il lockdown a preparare piatti caldi e fare delivery, accorgendoci che non ne vale la pena. Magari in contesti diversi, come Milano, può anche funzionare. Ma qui non c'è la 'cultura' del piatto d'asporto. Riscontriamo purtroppo anche molta paura della gente a venire al mattino, ad esempio, forse perchè terrorizzata da ciò che vede in televisione. Non so quanto riusciremo a sopravvivere in questo modo, so però che con questa chiusura anticipata sarà praticamente come ritornare ai mesi del lockdown. Ci hanno fatto spendere un sacco di soldi per rispettare le normative, acquistare igienizzanti, barriere protettive e tutto il resto, ci siamo sempre attenuti rigorosamente alle regole e ora ci costringono a chiudere alle 18? E' come se ci dicessero 'fallite pure'. Purtroppo non tanti commercianti la pensano come me, ma io sarei pronta a ribellarmi e tenere aperto lo stesso. I ristoranti e i bar sono i posti più sicuri in questo momento, non sono mai stati tanto puliti come adesso. Eppure non ci resta altro che mettere di nuovo mano al portafoglio, perchè gli affitti e le bollette sono da pagare al 100%. Cosa hanno fatto per noi? Ci hanno posticipato tasse che ora paghiamo raddoppiate. Io anticiperò la cassaintegrazione ai miei dipendenti questo mese, perchè voglio metterli in condizione di venire al lavoro, quando possiamo aprire, e vivere delle vite normali con la loro famiglia. Ma se lo Stato non ci aiuta veramente, la mia azienda non potrà rimediare per sempre. E non possono pensare che 600 euro mi bastino per tenere in piedi una struttura con 30 dipendenti''.
Cesare Sangalli della Vineria
della stazione di Paderno
''Bar e ristoranti, insieme a cinema e teatri, sono gli unici posti che riescono a garantire distanziamento e rispetto delle norme'' è stato invece il commento di Cesare Sangalli, titolare della Vineria della stazione di Paderno. ''Eppure le restrizioni riguardano sempre e solo noi. Abbiamo dovuto sostenere spese non indifferenti che nessuno ci ha mai rimborsato. Non metto in discussione che per due mesi e mezzo il primo lockdown sia stato utile. Ma non possiamo essere sempre l'ultima ruota del carro, o come ci definiscono lavoratori non essenziali. Esiste anche una cosa chiamata dignità lavorativa, che è di tutti. Per quanto riguarda le perdite che avremo il prossimo mese, sempre che le restrizioni non proseguiranno, il conto è presto fatto. Dalle 17 in avanti abbiamo il 60% del nostro fatturato. Se poi ci mettiamo che molti non si muovono, lavorano in smart working, gli studenti più grandi rimarranno a casa, perderemo anche il 10-15% di quello che ci resta consentito fare. Toccherà tenere aperto la domenica e potenziare l'asporto''.
Stefano Gariboldi del
Serendipity di Brivio
''Facciamo colazioni, pranzi e aperitivi, ma buona parte della nostra attività è concentrata negli orari serali; così ad occhio e croce perderemo l'80% degli ingressi'' ha spiegato Stefano Gariboldi, titolare del Serendipity di Brivio. ''Tireremo a campare un'altra volta e su otto dipendenti lavoreranno uno o due. Ormai è da marzo che lavoriamo a singhiozzi e per quanto mi riguarda ho dovuto coprire di tasca spese che non avevo preventivato. Durante l'estate siamo riusciti a fare qualche numero in più, ma mai a pieno regime. Il mio parere è che sia una follia quella di chiudere bar e ristoranti che da mesi applicano ogni misura di sicurezza possibile e protocolli pur di rimanere aperti. Penso sia molto più facile prendere il virus sull'autobus invece che al bar''.
Oscar Mauri del
Miky Bar di Merate
Tra gli altri locali che rimarranno chiusi il prossimo mese c'è anche il Miki Bar di Merate. ''Con ogni probabilità dovremo farlo, lavorare in perdita non piace a nessuno'' ha commentato il suo titolare, Oscar Mauri. ''Tante volte rimanere aperti è appunto peggio che rimanere chiusi. Alle colazioni abbiamo rinunciato dall'inizio dell'anno. Abbiamo puntato molto sul mezzogiorno ma non siamo mai rientrati a pieno regime con la pandemia. A volte è anche brutto lavorare quando non entra nessuno. Per i dipendenti tornerà la cassaintegrazione, anche se molto spesso è ridicolo ciò che viene dato. Chi si trova in busta paga 1300 euro magari ne prende solo 450, e non subito ma dopo mesi. La nostra è una categoria 'conciata' da anni e questa non è altro che la riprova. A me dispiace più che altro per i miei dipendenti, ripeto, perchè vedo che i sostegni sociali mancano. Le Palme di Olgiate rimarranno aperte giusto perchè a pranzo lavoriamo un po' di più''.
Un quadro a dir poco drammatico, che vede centinaia di persone senza più lavoro né sostegni e attività che, dopo la prima mazzata e il tentativo di restare in piedi, ora si vedono spezzare definitivamente le gambe senza possibilità di ripresa.
A.S.
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