Merate: con Marcello Fois l'entusiasmo di riscoprire i "Promessi Sposi" di Manzoni

Talvolta capita che per ritrovare l’orgoglio per i luoghi che viviamo ogni giorno, da cui proveniamo, debba venire a dare una scossa qualcuno dall’esterno. Succede all’Italia con i turisti che ci ricordano le meraviglie di cui disponiamo. Accade a Merate, a Lecco, ai luoghi manzoniani che hanno avuto il privilegio di ospitare un grande della letteratura europea. Così, la sveglia all’auditorium comunale semivuoto di domenica 18 ottobre l’ha suonata un sardo, migrato a Bologna, che di Manzoni se ne intende, lo scrittore Marcello Fois. Autore, fra gli altri, di “Renzo, Lucia e io” e “Pietro e Paolo”, Fois ha intrattenuto il pubblico della rassegna Maggio manzoniano Merate 2020 con un eloquio coinvolgente. Un tuffo nella Lombardia seicentesca, tra storia, letteratura e confronto con i classici.


Marcello Fois

“I Promessi sposi sono una macchina da guerra della letteratura. Manzoni ha preso i topoi classici e li ha inseriti nel suo romanzo. Manzoni aveva stabilito di voler scrivere un classico. Ogni riga è ragionata, del resto ci ha messo vent’anni per scriverlo” ha affermato Marcello Fois. Dunque i riferimenti all’Iliade, all’Odissea, alla peste. L’ospite della serata ha fornito le coordinate per meglio capire e interpretare la ricchezza culturale dei Promessi sposi. Ha tracciato il fil rouge che unisce la letteratura fino a trasbordare alla settima arte, il cinema. “Quando si legge il lamento di don Abbondio si stanno leggendo secoli di letteratura. C’è Arpagone nell’Avaro di Molière, che a sua volta è ispirato da Shylock nel Mercante di Venezia, che pure si rifà alla commedia alessandrina. Noi dovremmo ricominciare ad insegnare questo quando parliamo dei Promessi sposi” ha commentato con entusiasmo. Ha elogiato quindi il romanzo manzoniano per la tecnica di scrittura: “Con i Promessi sposi si capisce come si scrive un classico, come devono essere affrontati temi universali”.


Mariangela Tentori, responsabile del Maggio Manzoniano Merate

Fois ha poi sostenuto l’importanza di Manzoni nell’aver assestato la lingua italiana dopo l’impulso iniziale di Dante nel Trecento. Notevole fu la revisione dei Promessi sposi prima di giungere alla versione ultima, in cui i lombardismi sono stati sostituiti dai toscanismi, non lesinando tuttavia di creatività con l’invenzione di nuovi lemmi e nuove espressioni ancora oggi usate. Il testo per eccellenza di Manzoni è inoltre stato importante per affermare l’Italia in Europa nella produzione di romanzi. La penisola non ne aveva ancora prodotto uno a dispetto di quanto già circolava negli Stati nazionali. “Il nostro romanzo originario è un melting pot dei migliori romanzi europei, fino ad arrivare al paradosso di essere il migliore dei romanzi europei” ha detto lo scrittore sardo.


Nella disamina di Fois, I Promessi sposi non gettano lo sguardo solo al passato. Il romanzo di Manzoni, volente o nolente, ha ispirato le generazioni di intellettuali e produttori di cultura che sono venute dopo: “Senza i Promessi sposi non avremmo avuto il Neorealismo, che è la nostra carta d’identità nella contemporaneità. Quello abbiamo dato. Manzoni ha spostato l’indice dai regnanti al popolo, così come il Neorealismo ha spostato l’indice dai telefoni bianchi, dall’Upper class ai ladri di biciclette”.
All’esterno dell’auditorium intitolato alla compianta assessore di Merate alla Cultura Giusy Spezzaferri, che ideò il Maggio Manzoniano, è stato possibile osservare la mostra "I Luoghi di Alessandro". Infine un omaggio dalla Fondazione Clerici con i gustosi “Biscotti di Don Lisander”.
M.P.
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