Sartirana: il FAI apre le porte della Chiesa di Mario Botta, tra tradizione e innovazione

È una scelta particolare quella che ha contraddistinto una delle due mete delle Giornate FAI d’Autunno a Merate. La delegazione dell’Alta Brianza, infatti, ha voluto porre l’attenzione dei tantissimi visitatori che ogni anno accorrono a scoprire angoli segreti della città sull’architettura contemporanea, aprendo le porte della Chiesa di San Pietro Apostolo a Sartirana, progettata da un professionista d’eccezione, Mario Botta.



“Abbiamo voluto dare consapevolezza alle persone della fortuna che si ha ad avere queste strutture sul territorio” ha detto una delle due narratrici del FAI che hanno condotto la visita, Tiziana Bosia, definendo l’architettura contemporanea “non sempre facile da comprendere”. La chiesa, inaugurata nel 1995, è stata selezionata tra i cinquanta luoghi di culto più rappresentativi della Diocesi di Milano, ed è a tutti gli effetti “un edificio del nostro tempo che ci aiuta a proiettarci nel futuro”.



Botta, con la chiesa di Sartirana, ha inaugurato un nuovo modo di pensare il luogo sacro. L'architetto, amato dall'ambiente ecclesiastico così come dalle altre religioni, lavora sul tema del "bisogno di infinito e di profondità", condizione umana imprescindibile che va al di là della secolarizzazione. Da una parte, rafforza i temi fondativi del fatto architettonico: lo spazio, l'idea della gravità, il limite, la soglia, il microcosmo, la luce. Dall'altra studia ed assimila profondamente la storia, le tipologie, i temi ed i simboli che contraddistinguono il linguaggio dello spazio sacro tradizionale, generando così un linguaggio nuovo, contemporaneo, che non nega la storia ma si pone in continuità ad essa. La chiesa fa parte del cosiddetto Piano Montini, dal nome dell’Arcivescovo milanese che individuò e cercò soluzioni per dotare di luoghi sacri i cosiddetti "nuovi quartieri", nati dalla forte espansione urbanistica avvenuta nel dopoguerra. Due sono le forme attorno a cui ruota tutta la struttura: il cubo, a rappresentazione della gravità terrena, e il cilindro, nella cui cavità si può leggere il tema dell’ascensione.



“È un edificio di difficile comprensione” ha proseguito Tiziana “poiché si contrappone a tutto ciò che gli sta attorno, sia alla natura che alle altre costruzioni artificiali, creando però ordine ed equilibrio nell’ambiente”. Quello che ha condotto all’edificazione della chiesa è stato un processo lungo e faticoso, riuscito grazie alla lungimiranza e alla tenacia di don Adriano Ferrario, che ha fortemente voluto la sua costruzione.



Salendo le scale ed incuneandosi nell’ingresso rialzato, la prima reazione dei visitatori è sicuramente la sorpresa. L’apertura, infatti, proietta direttamente in un altro spazio, e lo stupore di trovarsi dinnanzi ad una pianta circolare è sicuramente molto. A prendere parola una volta entrati è stato il volontario FAI Alessandro Pina, dottorando in storia dell’architettura presso l’università IUAV di Venezia: “Proveniamo da duemila anni di Cristianesimo - ha esordito - ed è per questo che c’è stata un po’ di fatica nell’accettare qualcosa che si discostasse dalla classica chiesa con campanile annesso”. Per andare oltre, però, come hanno sottolineato i volontari FAI, è necessario non azzerare la tradizione, quanto piuttosto togliere quella patina di stereotipi ed andare oltre, così come ha fatto l’architetto Botta.



È un’aria di magia quella che si respira all’interno della chiesa di Sartirana, in cui la prima cosa che salta agli occhi è sicuramente la vetrata dietro l’altare. “Il primo riferimento al passato che Botta ha assimilato e fatto proprio è qui - ha proseguito Alessandro - in una parete che non è di vetro ma di onice del Pakistan”. Questo riferimento materico ha una duplice valenza: da una parte è un chiaro rimando all’antico, ma è anche una citazione all’architetto Ludwig Mies Van Der Rohe. Andando ancora oltre, il progettista ha voluto dare solennità al pannello, il cui disegno compone un albero della vita, come ad anticipare la promessa di Cristo di superare la vita terrena e permettere all’uomo di elevarsi in una dimensione altra. Il secondo punto focale della chiesa sono le sue pareti, rese vibranti, articolate e vive grazie ad un gioco chiaroscurale reso possibile dai corsi alternati di mattoni collocati sulle pareti. “Il fascino della tradizione torna anche qui - ha spiegato Alessandro - perché la scelta di posizionare metà dei mattoni diritti e l’altra metà ruotati di 45 gradi è un richiamo al Romanico”.



E così come all’esterno, se non ci fosse la cella campanaria, l’edificio potrebbe tranquillamente essere un teatro, anche all’interno sono presenti dei rimandi ai teatri d’opera settecenteschi e ottocenteschi. Nello spazio sopraelevato, infatti, sono stati collocati dei palchetti dotati di losanghe, che divengono veri e propri elementi architettonici.
Tutto l’arredo sacro presente nella chiesa è scandito dal ritornare di due elementi, il legno di rovere ed il ferro, che arricchiscono le due cappelle laterali. Anche per i candelieri, le panche ed il battistero, Botta ha mantenuto l’uso delle forme pure, tornando al punto zero dell’architettura, investendo la geometria di una tradizione millenaria.



“Un cubo con dentro un cilindro”. È così che Alessandro ha definito, in pochissime parole, la chiesa, svelando il simbolismo celato dietro questa semplicità. Il quattro, numero dei lati del quadrato, rappresenta l’uomo, i punti cardinali e gli angoli del mondo. Quattro sono anche gli elementi che costituiscono la materia: aria, acqua, terra e fuoco. “Il cerchio è il suo esatto opposto - ha spiegato il volontario - e rappresenta il divino, il cosiddetto uroboro, il serpente che si morde la coda, senza inizio né fine”.



In queste due forme è nascosta la figura di Cristo, che da uomo si è fatto Dio, andando oltre la dimensione terrena, superando quell’ultima soglia nascosta dietro la vetrata di onice, passando così al regno dei cieli. L’unico elemento in pietra inserito nella struttura dell’edificio è proprio una chiave di volta, visibile dal matroneo e dalla balconata ai piani rialzati. “La chiave di volta è il solo punto di giunzione tra l’uomo e Dio, e rappresenta l’operato della Chiesa” ha concluso Alessandro.



Le visite alla chiesa di Sartirana si protrarranno anche nel prossimo fine settimana. Un ringraziamento caloroso da parte della capo delegazione del FAI Altra Brianza Marcella Mattavelli, promotrice dell’iniziativa, è andato al Rotaract di Merate e ai tanti giovani volontari coordinati da Alessandro Viscardi, Responsabile FAI Giovani Alta Brianza, che mettono a disposizione tempo e risorse, aprendo le porte di luoghi tanto vicini a noi quanto pregni di cultura, ricordandoci che è sufficiente guardare con altri occhi per scoprire la magia nascosta nella semplicità.
G.Co.
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