Merate: le fake news al tempo del Covid19. Un astrofisico spiega come si neutralizzano

Nell’ultimo decennio, l’internet è stato caratterizzato dall’avvento dei social network, cresciuti di pari passo con il numero di fake news che circolano a riguardo di qualsiasi cosa.
Che sia la politica, lo sport o la salute pubblica, ogni tema ha periodicamente a che fare con la diffusione di false notizie, mezzi di disinformazione e confusione di massa. Le bufale non sono mancate nemmeno in un periodo delicato come quello della pandemia del coronavirus, durante il quale la cattiva informazione ha contribuito a rendere ancora più complicato il momento. L’associazione meratese La Semina ne ha parlato nel suo ultimo webinar con l’astrofisico bergamasco Luca Perri, vecchia conoscenza dell’Osservatorio di Merate, partito nell’affrontare e sviscerare la tematica da alcune basi.

L'astrofisico Luca Perri

Il dr. Perri oltre ad essere un apprezzato ricercatore scientifico è anche divulgatore e debunker, cioè colui che lavora per smontare una notizia falsa, provando inopinabilmente, insomma, che si tratti di un qualcosa di non vero. ''Come ogni bravo fisico, so essere fastidioso a 360 gradi'' ha scherzato all’inizio del suo intervento. ''Ormai è qualche anno che faccio debunking: smantello, in pratica, bufale scientifiche. E’ utile il debunking? Ni. E il motivo è semplice: se voi parlate con una persona che è fortissimamente convinta di una cosa, difficilmente riuscirete a fargli cambiare idea. Alcuni colleghi dicono che è tempo perso, nel gergo tecnico si dice che il debunking ha a che vedere con il principio della montagna di sterco: per inventare una bufala scientifica ci vuole poco, giusto il tempo di scrivere un articolo sommario. Per fare debunking, invece, serve che qualche divulgatore riempia 20 pagine di concetti per smentire una notizia, riducendola tuttalpiù ad un dossier di una decina di pagine per rendere il più comprensibile possibile ciò che viene spiegato. Un lavoro che pochi apprezzeranno e che avrà fatto perdere un sacco di energie al suo autore. La montagna di sterco è perciò questa: nel tempo che si impiega a smantellare una bufala, ne escono altre duemila''.

L’astrofisico ha poi proseguito spiegando che ad arrendersi non ci ha mai pensato. ''Ho più che altro cambiato strategia'' ha spiegato. ''Anziché smontare singole bufale mi sono messo a parlare dei bias cognitivi che ci portano a credere alle bufale''.
Il cervello umano, ha proseguito Perri, funziona per tutti più o meno allo stesso modo (per quanto riguarda le fake news almeno). ''Ci sono meccanismi che colpiscono tutti noi'' ha proseguito. ''Magari io sono più immune alle false notizie scientifiche, ma se mi ritrovo davanti a qualcosa che ha a che vedere con l’economia, di cui non ci capisco nulla, ci casco sicuramente''.
Perri ha quindi citato i due sistemi per cui, secondo lo psicologo israeliano Daniel Kahneman, il nostro cervello è incline a credere alle bufale. ''Il primo, sostiene Kahneman, è quello che viene messo in atto quando riceviamo una nuova informazione ed è legato alle emozioni, ciò che definiremmo comunemente ragionare di pancia. Pensiamo di essere razionali, ma non lo siamo. Il secondo sistema è molto più lento ad attivarsi ed è quello più analitico e razionale. Ci farà capire ciò che abbiamo letto con più attenzione, ma lo fa lentamente''.
L'astrofisico ospite de La Semina ha quindi proseguito che a causa di questo modo di funzionare del nostro cervello, i bias che ci ingannano sono sostanzialmente due.

''Il primo è l’effetto dell’illusione di verità: se una cosa mi è stata detta in passato tenderò a darle più credito'' ha proseguito Perri. ''Prendiamo il famoso lato oscuro della luna, quello che non vede mai la luce del sole. Esiste? Certo che no. Ma molte persone sono convinte che esista perché da giovani ascoltavano i Pink Floyd. In Italia, che con l’inglese non andiamo proprio fortissimo, abbiamo tradotto uno dei dischi più famosi, The dark side of the moon, con il lato oscuro della luna. Nel 2019, quando una spedizione cinese allunò sul lato nascosto alla terra, tutti i quotidiani – tranne il Corriere della Sera – titolarono che i cinesi erano sbarcati sul lato oscuro della luna, creando di fatto disinformazione''. L’altro bias che colpisce più spesso è quello legato alle emozioni positive, ha proseguito l’astrofisico: ciò che leghiamo a qualcosa di piacevole, come la musica, fa scaturire emozioni e quindi non ci fa mettere troppo in dubbio qualcosa che leggiamo o ci viene raccontato.
Perri ha quindi elencato, nel suo intervento, alcuni dei fattori che più influiscono nel ''successo'' di una fake news. Il primo è il tempo, ha spiegato. Se una notizia falsa è vecchi di decenni sarà difficilissimo riuscire a smentirla. Il secondo è l'importanza di una determinata informazione: quando non è fondamentale, la prendiamo per buona con leggerezza senza andare troppo a fondo. Poi ci sono il fascino che trasmette qualcosa che, anche se non è vero, ci risulta semplice ed accattivante. Magari da dire ai nostri amici o ai nostri genitori, generando una disinformazione sempre più diffusa. Infine c'è la pressione sociale: se un gruppo dice che è così è pressoché matematico che anche noi ce ne convinceremo.

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Nella seconda parte della conferenza, tenuta su  Zoom, Perri ha portato diversi esempi di fake news circolate durante il periodo del coronavirus. Sono state decine e decine, alcune decisamente più innocue, altre molto pericolose.
Se qualcuno si potrà essere alla peggio spaventato nel vedere il fotomontaggio di un coccodrillo nei canali di Venezia, avvistamento ovviamente mai avvenuto realmente, altri potranno aver avuto seri problemi quando i dati, soprattutto all’inizio della pandemia, venivano forniti anche dai quotidiani nazionali senza un criterio a tal punto che verso la fine di marzo un giorno pareva che l’aumento dei casi positivi fosse finalmente stato contenuto ad una settimana da un’esplosione senza precedenti.
A.S.
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