Rottura di coglioni di livello almeno 8

Mi immagino quanto stiano in questo momento girando le palle agli amici di Merateonline, che da anni vaticinavano come inascoltate Cassandre sulla china di degrado in cui era incamminata la sorte del lago di Sartirana.
Per uscire dall’accusa di turpiloquio mi corre l’obbligo di dire che l’espressione “rottura di palle” è una crasi operata dall’uso di due espressioni nate nelle trincee della Grande Guerra: quando le munizioni erano consegnate a ciascun soldato nelle scatole di cartone, la “rottura di scatole” era l’operazione che precedeva il balzo fuori dalla propria posizione per dare l’assalto al nemico. Si sapeva come si andava, non si sapeva come e se si tornava. Dunque una “rottura di scatole” è il preludio a un momento funesto, che si affronta con animo contrariato.
“Avere le palle girate” invece era prerogativa dei soldati italiani, che cambiavano il verso della palla del proiettile nella cartuccia, così che fosse più dannoso (ancora) all’impatto. Perdeva in precisione balistica ma quando ti colpiva ti stracciava.
L’una e l’altra di queste due espressioni sono slittate verso l’unica “rottura di palle”, e poi, per assonanza anatomica, verso le accezioni più o meno volgari di cui pare maestro Rocco Schiavone.
Un giornale ha il dovere di essere penetrante come un colpo ben tirato e persino feroce, come una pallottola, deve mirare bene e riuscire a fare centro, non per il bene suo ma della collettività che con la sua voce sta servendo. Non è una guerra contro i poteri costituiti né una gara a chi ottiene più punti, ma se così fosse Merateonline ha centrato il bersaglio di Sartirana un sacco di volte. E sempre cogliendo nel segno, tanto che la rosa dei colpi è ristretta e uno rischia di non ricordarsene più, perché sovente fa più notizia il numero che la qualità dei colpi.
Ecco, si provasse allora a contare uno per uno i pesci morti nel modo peggiore in cui un essere vivente può morire: il numero fa notizia.
Non credo che la bella Cassandra si sarebbe espressa con la stessa coprolalia del vicequestore Schiavone, ma conosco la tristezza profonda e per molti versi inconsolabile dell’avere ragione, del provare a farsi sentire, del cercare di farlo in modo urbano, senza sbraitare, perché la verità deve essere anzitutto e sempre educata, e del non riuscire a far sentire la propria voce sopra il frastuono delle altre, sciocche e fatue, che inseguono magnifiche sorti e progressive.
È lì che ti girano, eccome se ti girano, perché la ragione postuma non salva Troia dall’inganno del cavallo, né un lago dall’anossia. All’ottavo livello e oltre.
Stefano Motta