A 40 anni dalla strage di Bologna, l’ex ferroviere Castaldo di Merate ricorda quegli attimi alla RAI ed incontra Mattarella
''Dalla fuliggine compare verso di me una persona piccola. Mi accorgo che indossa abiti bruciati e non ha più un occhio. Gli metto le mani sulle spalle e gli dico 'aspetta, ora arrivano i soccorsi'. A quel punto il palazzo è crollato''. Le immagini di quei terribili istanti sembrano ancora lucidi nella mente dell’ex ferroviere Roberto Castaldo, di Merate, quasi recenti. In fondo, 40 anni non sono nulla rispetto agli archi temporali di cui è costituita la storia, anche se nella storia italiana la strage di Bologna, quell’esplosione che alle 10.25 del 2 agosto 1980 uccise 85 persone, ferendone altre 200, ci è entrata con lo stesso peso di quella deflagrazione che fece crollare edifici, in una delle sue pagine più sanguinose.
Quel 2 agosto del 1980, una giornata soleggiata e afosa, Roberto Castaldo era un giovane ferroviere di nemmeno trent'anni che con il fischietto in bocca stava aspettando sul binario numero 1 di dare il via libera alla ripartenza di un Adrian Express. Non riuscì mai a farlo perché il boato lo precedette.
Roberto Castaldo
Da allora la sua vita, anche quando dopo una lunga permanenza a Milano ha deciso di cambiare aria e, affascinato alle bellezze della Brianza, ha comperato casa a Merate, nella frazione di Cassina (dove ormai vive da oltre dieci anni), è sempre stata segnata da quella drammatica giornata.
Il presentatore Carlo Lucarelli
Da tempo Castaldo è tra i principali referenti dell’associazione che supportano le famiglie delle vittime ed è per questo che nell’anniversario della strage è stato chiamato a ''testimoniare'' nel documentario realizzato dalla Rai, a cura di Carlo Lucarelli, intitolato ''2 agosto 1980, un giorno nella vita'', insieme ad altre persone che come lui quel boato lo sentirono con le proprie orecchie e ciò che comportò lo videro con i loro occhi.
Castaldo con il presidente del Senato Elisabetta Casellati
Per chi non lo avesse potuto vedere, la ricostruzione di quanto avvenne durante quello che rimane ancora il più grave atto terroristico avvenuto nel Paese nel secondo dopoguerra, avvenimento emblematico degli anni di piombo, il documentario è disponibile anche online a questo link.
Castaldo è stato inoltre presente domenica 2 agosto alle commemorazioni ufficiali di quei giorni, a Bologna, raccontando di avere avuto un incontro privato e senza fotografi con il Presidente della Repubblica Mattarella. Nella stessa giornata, la delegazione dei famigliari delle vittime ha incontrato anche il Presidente del Senato, Elisabetta Casellati, con la quale hanno avuto modo di scattare qualche foto ufficiale.
Il murales della stazione di Cernusco con l'orologio fermo sulle 10.25
Ho un ricordo fotografico di quel giorno. Ero conduttore del treno. Non macchinista come pensa qualcuno, ma bigliettaio. Dovevo essere di turno a Cremona ma all'ultimo momento, quella mattina, mi spostarono da Milano a Bologna. Arrivai in orario. Era previsto il cambio di un'ora. Dovetti aspettare il treno Andria-Express. Era in ritardo. Così, con altri colleghi, ci recammo al deposito del personale viaggiante. Un caffè, quattro chiacchiere con altri ferrovieri. L'altoparlante annunciò l'arrivo del treno sul primo binario. Quattro passi a piedi. Passammo davanti alla sala d'aspetto di seconda classe. C'era gente seduta sui marciapiedi, ovunque, il chiosco dei gelati affollato, come quello dei panini, ristoranti stracolmi di persone.
Le 10.10. Andammo in testa al treno. Il capo ci diede i compiti. Il primo conduttore andò in coda, uno rimase là, in testa, e io mi recai al centro.
Le 10.15. Diedi informazioni sugli orari ad alcuni signori che erano appoggiati ai finestrini. Le 10.24. A quel punto ero con la faccia rivolta verso la coda del treno, la sala d'aspetto l'avevo sulla mia destra. li capotreno fischiò d'improvviso, mi girai, vidi il segnale verde, alzai il braccio destro. Non feci in tempo a prendere il via libera dal conduttore di coda che scoppiò la bomba. Una fiammata enorme, un forte boato. Qualcuno usci dalla sala d'aspetto con gli indumenti bruciati. Intanto si sprigionò una coltre di fuliggine nera, era come se si camminasse dentro un tunnel, misi la mano sulla bocca per proteggermi, la polvere era dappertutto. In quell'esatto istante la sala d'aspetto crollò, anche la tettoia di lamiera e tutto quel fumo andò verso l'alto. E vuoto d'aria mi schiacciò contro la vettura, poi a terra. Sulla gamba mi cadde un pezzo di ferro. Non sentii alcun dolore, in quel momento. Ci fu un silenzio irreale, di due minuti, tremendo, la polvere scese e mi coprì il volto, le mani, tutto. Da quel torpore irreale, mi svegliò un urlo violento. Era qualcuno che si trovava sugli altri binari, vide la scena e urlò, così forte, così chiaro. Mi girai e vidi una persona che veniva verso di me. Mentre correva, gli cadde un masso sulla schiena. Rimase a terra a pochi centimetri. Aveva gli occhi sbarrati, ma forse voleva comunicare qualcosa, un segnale di aiuto. Da solo, cercai di togliere il masso dal suo corpo, ma era troppo pesante. Uscii dalla stazione e chiamai delle persone. Tornammo sul primo binario. Riuscimmo a spostare il blocco. Lui non gemeva. Se lo portarono via con l'autoambulanza. Solo allora mi accorsi che avevo un ginocchio gonfio, triplicato, e andai in ospedale. […]
A Capodanno, ora non vado più a Napoli, i botti, gli spari, mi mettono paura. Non posso più stappare una bottiglia di champagne, con una scusa mi assento. Quando scoppia il palloncino di un bambino, .mi fermo, non parlo, sudo freddo, tutto mi porta a quel giorno alla stazione di Bologna. Una volta, in corso Buenos Aires, a Milano, il colpo di una marmitta mi ha fatto saltare da terra. E ancora, sulla metropolitana, un ragazzo ha smarrito uno zainetto. Pensavo: 'E se...fosse una bomba?'. Come potevo rivolgermi al capotreno? Dirgli che avevo un sospetto'? Mi avrebbero preso per matto. Fobie, tensioni. Questo mi è rimasto dentro dal 2 agosto del 1980.
Daniele Biacchessi, Un attimo ...vent'anni,
Bologna, Pendragon, 2001, pagg. 26 e 42
Le 10.10. Andammo in testa al treno. Il capo ci diede i compiti. Il primo conduttore andò in coda, uno rimase là, in testa, e io mi recai al centro.
Le 10.15. Diedi informazioni sugli orari ad alcuni signori che erano appoggiati ai finestrini. Le 10.24. A quel punto ero con la faccia rivolta verso la coda del treno, la sala d'aspetto l'avevo sulla mia destra. li capotreno fischiò d'improvviso, mi girai, vidi il segnale verde, alzai il braccio destro. Non feci in tempo a prendere il via libera dal conduttore di coda che scoppiò la bomba. Una fiammata enorme, un forte boato. Qualcuno usci dalla sala d'aspetto con gli indumenti bruciati. Intanto si sprigionò una coltre di fuliggine nera, era come se si camminasse dentro un tunnel, misi la mano sulla bocca per proteggermi, la polvere era dappertutto. In quell'esatto istante la sala d'aspetto crollò, anche la tettoia di lamiera e tutto quel fumo andò verso l'alto. E vuoto d'aria mi schiacciò contro la vettura, poi a terra. Sulla gamba mi cadde un pezzo di ferro. Non sentii alcun dolore, in quel momento. Ci fu un silenzio irreale, di due minuti, tremendo, la polvere scese e mi coprì il volto, le mani, tutto. Da quel torpore irreale, mi svegliò un urlo violento. Era qualcuno che si trovava sugli altri binari, vide la scena e urlò, così forte, così chiaro. Mi girai e vidi una persona che veniva verso di me. Mentre correva, gli cadde un masso sulla schiena. Rimase a terra a pochi centimetri. Aveva gli occhi sbarrati, ma forse voleva comunicare qualcosa, un segnale di aiuto. Da solo, cercai di togliere il masso dal suo corpo, ma era troppo pesante. Uscii dalla stazione e chiamai delle persone. Tornammo sul primo binario. Riuscimmo a spostare il blocco. Lui non gemeva. Se lo portarono via con l'autoambulanza. Solo allora mi accorsi che avevo un ginocchio gonfio, triplicato, e andai in ospedale. […]
A Capodanno, ora non vado più a Napoli, i botti, gli spari, mi mettono paura. Non posso più stappare una bottiglia di champagne, con una scusa mi assento. Quando scoppia il palloncino di un bambino, .mi fermo, non parlo, sudo freddo, tutto mi porta a quel giorno alla stazione di Bologna. Una volta, in corso Buenos Aires, a Milano, il colpo di una marmitta mi ha fatto saltare da terra. E ancora, sulla metropolitana, un ragazzo ha smarrito uno zainetto. Pensavo: 'E se...fosse una bomba?'. Come potevo rivolgermi al capotreno? Dirgli che avevo un sospetto'? Mi avrebbero preso per matto. Fobie, tensioni. Questo mi è rimasto dentro dal 2 agosto del 1980.
Daniele Biacchessi, Un attimo ...vent'anni,
Bologna, Pendragon, 2001, pagg. 26 e 42