Merate: Umberto Quinterio, 56 anni, da pastore a pellegrino per l'Italia. ''Vivo come un pezzo di legno cullato dal fiume''
Da Merate dove è nato se ne va negli anni Novanta: vuole fare il pastore e questa zona non è certamente il luogo più adatto per coltivare il suo sogno. Così dopo un periodo di addestramento qua e là fa il grande passo raggiungendo la Maremma toscana e prendendo servizio presso alcune aziende agricole. Un mondo tutto diverso rispetto alla vita da operaio lasciata in Brianza ma che per lui calza decisamente meglio.
Un animo inquieto quello di Umberto Quinterio, classe 1966, che decide di spostarsi a Cuneo per lavorare in un'altra stalla, con le capre, l'animale che preferisce. Vi resta una decina di anni poi iniziano le difficoltà per tutto il settore: l'automatizzazione dei processi, la mungitura meccanica portano a ridurre il personale e gli stessi proprietari di capi animali per contenere i costi spesso si accollano la maggior parte dei lavori. Umberto si trova così in difficoltà a sbarcare il lunario, ma la sua è sempre stata una vita senza grosse pretese e capisce che è il momento di mettersi di nuovo in gioco e di ricominciare. L'incontro con un sacerdote che gli regala "I racconti di un pellegrino russo" gli apre un mondo nuovo. Che per lui comincia l'8 aprile 2013 quando, dopo la chiusura definitiva della stalla, si mette in cammino. Prima meta: Udine. 800 km da percorrere a piedi, con in spalla lo zaino e il sacco a pelo, una borsa con alcuni libri, un crocifisso al collo e in tasca nemmeno un quattrino.
Il suo vivere è affidato alla provvidenza, proprio come un pellegrino doc sebbene lui di religione, mistici, preghiere fino a quel momento ci capisca poco. Ma è solo questione di allenamento e di costanza e, infatti, se pian piano il suo fisico si abitua a camminare, una decina di chilometri al massimo, il suo animo apprezza sempre di più quella vita. Silenzio, natura, semplicità. Tutte caratteristiche che già amava facendo il pastore ma che adesso sono ancora più marcate. "Quando ero in stalla uscivo solamente il giovedì per andare a comperare il cibo al mercato che doveva bastare per tutta la settimana" ha raccontato seduto sulla panchina di piazza degli Eroi, accanto il suo zaino e un lungo bastone, in mano un giornale sportivo "quando mi trovavo in mezzo alla gente ero smarrito. Tutti tenevano all'orecchio una scatoletta con cui parlavano (il cellulare, ndr) senza dare retta più a niente, sempre di corsa da una parte all'altra. Ero spaventato vedendo quel mondo e non vedevo l'ora di tornare nel mio, nella stalla con gli animali".
Da Udine Umberto decide di attraversare la Penisola, per raggiungere la terra di Padre Pio, il Santo di cui tutti parlano ma di cui lui conosce poco o nulla. 3 mesi di viaggio, rigorosamente a piedi, chiedendo ospitalità tra parrocchie, comunità, istituzioni, enti caritativi, mezzadri per arrivare alla meta. Dal centro Italia in giù trova un'accoglienza più calda "tutti salutano e sono cordiali, inizialmente ho fatto fatica ad abituarmi a tutte queste persone che mi rivolgevano la parola senza nemmeno conoscermi ma poi è stato semplice familiarizzare".
Raggiunto lo "stivale", Umberto prosegue nel suo peregrinare da est a ovest e da sud a nord tanto che pian piano risale per giungere nuovamente in Lombardia. In questi giorni a Merate ha soggiornato all'aperto, in un angolo di prato vicino al cimitero cittadino. "Paura? No, assolutamente. Non mi è mai capitato nulla in questi anni e spesso ho dormito all'aperto senza riparo". In questi giorni il suo obiettivo è raggiungere il suo vecchio parroco di quando era giovane qui a Merate, don Luciano e mostrargli l'uomo che è diventato. "Mi sono tornati alla mente alcuni suoi insegnamenti, quando ci spronava ad avere speranza e coraggio. E voglio salutarlo".
Poi lo attendono a Vittorio Veneto dove un sacerdote vuole fargli incontrare i bambini della Prima Comunione e mostrare loro una persona che da anni riesce a vivere dell'essenziale, soprattutto senza il telefonino.
La meta successiva sarà la bergamasca dove sta cercando una canonica per sistemarsi per un po' di tempo, restare a riposo, sempre nella semplicità e possibilmente a contatto con la natura.
S.V.