Merate: una riflessione a più voci su Covid, medicina territoriale e trattamenti clinici

Accanto ad elementi di ottimismo sono ancora molti i dubbi e le incertezze legate al Covid-19, soprattutto in un territorio come il nostro. Sono in molti ad aver paura di un nuovo ritorno del virus, magari in autunno, pochi coloro che si sentono veramente al sicuro. In questi mesi sono cambiate spesso le linea guida e i cittadini si sono sentiti disorientati. Per cercare di fare un po' di chiarezza, soprattutto in ambito medico, giovedì 9 luglio è stato organizzato un incontro, dal titolo "Covid19, la cura impossibile o mancata, riflessioni per la ripartenza",  aperto ad amministratori comunali e cittadini con l'intento di condividere pensieri, idee e proposte su come affrontare una possibile nuova ondata di Coronavirus.


Ideato da Pierantonio Villa, consigliere comunale di Robbiate, con l'associazione Miastenia Onlus, l'evento è stato trasmesso in diretta Facebook e, previa prenotazione, alcuni cittadini hanno potuto assistere all'incontro presso l’auditorium ‘Giusy Spezzaferri’ di Merate.


"Da febbraio in poi il numero dei malati è cresciuto a dismisura - ha esordito la dottoressa Natalia Pizzi, oncologa e medico di base di Villa d'Adda. - E' stata una situazione veramente pesante . Dalle cartelle cliniche dei pazienti abbiamo visto che tutti avevano una forte infiammazione che, se presa troppo tardi, era difficilissimo fermare. Ho deciso così di utilizzare desametasone, un antinfiammatorio a base di cortisone". Nel suo intervento ha denunciato la mancanza di strumenti di protezione, necessari per valutare clinicamente i pazienti affetti da Covid. "Ho usato, anche su di me, l'idrossiclorochina, anche per prevenzione. Anche alla luce degli ultimi studi di un famoso virologo, in aggiunta ad altri farmaci può migliorare il decorso della malattia". Infine, la dottoressa ha lamentato la solitudine vissuta da molti medici, in balia di linee guida cangianti e spesso contraddittorie e ha ribadito ancora come la carica virale possa essere ridotta con un adeguato distanziamento.


"Le prime due settimane sono state una falcidia. Ma come è stata possibile questa situazione in un centro d'eccellenza come il nostro?" - ha domandato Matteo Ciuffreda, cardiologo pediatra dall'Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. Due le principali risposte possibili per il medico: l'assenza della medicina del territorio e l'assenza dello spirito critico con la conseguente perdita totale del senso dell'arte della medicina. 


"Non abbiamo più una medicina del territorio che garantisca  un'assistenza diffusa, capillare - ha spiegato  Ciuffreda. - In Italia spendiamo tante risorse per la sanità, ma quante famiglie sono allo sbando per l'impossibilità di curare i propri familiari? Il Covid ha così svelato le fragilità del Paese: il nostro deve essere un modello per tutto il tessuto sociale".


Dopo l'intervento del cardiologo, ha preso la parola la dottoressa  Roberta Ricciardi,  responsabile Percorso miastenia e Chirurgia del timo dell'Azienda Ospedaliera Universitaria di Pisa. "I miei pazienti, che erano pazienti cronici trattati con antinfiammatori, non si ammalavano di Covid o manifestavano forme lievi. Ho notato così come il cortisone possa essere utile. Nessuno dei miei pazienti è morto durante la pandemia e tutti hanno potuto affrontare la malattia nel proprio domicilio. E' possibile trattare i pazienti con cortisone anche nella prima fase di infiammazione: si tratta di una terapia breve che, dunque, non ha particolari controindicazioni. E' chiaro che il cortisone ha degli effetti collaterali, ma in una terapia emergenziale come il Coronavirus non provoca nessun danno. Non bisogna arrivare in ospedale, bisogna trattare il paziente prima".


Anche Pietro Sestili , ordinario di Farmacologia dell'Università degli Studi di Urbino Carlo Bo,  ha concordato con la dottoressa Ricciardi. "Dopo una ricerca, ho contattato la dottoressa, che condivideva le mie idee sul cortisone. Attualmente sto prendendo contatti anche con l'estero per scrivere una lettera e aprire così una discussione. Per gestire questa pandemia bisogna usare gli strumenti che abbiamo, bisogna elaborare al più presto delle linee guida per evitare, come già è successo, di intasare il pronto soccorso. Inoltre, aver somministrato la tachipirina potrebbe aver peggiorato la situazione per i pazienti affetti da Covid".
Un incontro che ha esposto le posizioni e i pareri di persone che sono state coinvolte, più o meno direttamente, nell'ermegenza e da cui ciascuno ha cercato di trarre nozioni e conclusioni che possano rivelarsi utili per il futuro.
B.V.
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