Merate: i volontari di protezione civile si raccontano tra esperienze, covid e 'gioie'
Nella galassia di associazioni e categorie che prestano il loro servizio in aiuto alla società, e che ancor di più hanno dimostrato la propria utilità in questi lunghi mesi di quarantena dovuti al Covid-19, spiccano senz’altro i volontari della Protezione Civile. Il gruppo di Merate, la cui sede è collocata in via Cerri 51 vicino all’ospedale Mandic, non manca di mettere a disposizione l’impegno dei suoi membri, sia in situazioni di emergenza che di ordinaria amministrazione, per interventi a sostegno dei cittadini e di salvaguardia del territorio. Alcuni di loro hanno voluto dare una testimonianza della propria attività e della loro esperienza di volontari.
Maurizio Severino, Andrea Casiraghi, Andrea Bonfanti
Andrea Bonfanti, 56 anni, che parallelamente alla sua opera di volontariato lavora all’INRCA di Casatenovo, è il volontario con la maggiore anzianità e si occupa della direzione e del coordinamento delle operazioni del gruppo di Merate. Bonfanti ricorda di essere entrato nella Protezione Civile nel 1989, quando si stavano formando i primi gruppi comunali: “Ai tempi c’erano stati da poco i terremoti del Friuli e dell’Irpinia, e l’alluvione in Valtellina, io avevo appena finito la maturità e sentivo il bisogno di dare una mano”. La volontà di mettere il proprio lavoro al servizio delle persone è ciò che ha mosso anche gli altri colleghi di Bonfanti, tra cui Andrea Casiraghi (metalmeccanico di 33 anni e uno dei più giovani di iscrizione) e Maurizio Severino, che tutt’ora svolgono funzioni più operative a contatto con le persone. Come ha detto Severino: “Il bello di essere qua a svolgere questa attività, e penso di parlare a nome di tutti, è di aiutare le persone”.
Parlando dei pregi e dei difetti del mestiere di volontario, Bonfanti ha spiegato che esso consiste soprattutto in interventi di prevenzione sul territorio e di risposta in casi di forti temporali: “L’impegno non è giornaliero, ma si cerca di essere sempre reperibili”, e ha continuato, “La parte migliore è quando si va a portare un aiuto concreto alla gente, quando ti dicono grazie. Purtroppo succede anche che la gente veda i nostri interventi come un fastidio quando non hanno ricevuto direttamente un danno: per esempio, nel caso dei presìdi che abbiamo fatto al mercato per la storia del Coronavirus, al fine di evitare assembramenti, mantenere le distanze interpersonali e misurare la temperatura, c’era chi si sentiva limitato nelle proprie libertà personali”. Anche Andrea Casiraghi ha sottolineato l’importanza di ricevere un ringraziamento per il proprio servizio e di “vedere una faccia contenta”, e ha aggiunto: “La parte migliore è stare con gli altri volontari. Qui è diverso che stare a lavoro, è tutto più scherzoso e amichevole. È bello fare questa attività con gente che ti sta simpatica, altrimenti non la farei”. Severino ha poi rimarcato l’importanza dell’affiatamento tra i membri della squadra: “Non siamo soltanto un gruppo ma siamo tutti amici. È quello che ci fa funzionare così bene. Finiti gli interventi, spesso ci mangiamo una pizza e beviamo qualcosa insieme”.
Infine, i volontari hanno ricordato alcuni momenti della loro carriera che più gli sono rimasti impressi nella memoria e nel cuore. Bonfanti e Casiraghi si sono trovati d’accordo nel riportare l’esempio delle frane a Premana di giugno dell’anno scorso, in occasione delle quali il Gruppo di Protezione Civile di Merate è intervenuto su richiesta della Provincia di Lecco. Portare soccorso ai cittadini in difficoltà si è rivelato un lavoro gratificante sia per chi, come Bonfanti, aveva una visione globale “dall’alto” delle operazioni, sia per chi, come Casiraghi, si trovava a diretto contatto con la gente. Severino, invece, che ha avuto l’occasione di recarsi all’Aquila per prestare soccorso in seguito al terremoto del 2009, ha definito quell’esperienza come “una cosa incredibile che rimarrà per sempre nella mia vita”. Quindi, per sottolineare nuovamente il valore dell’aiutare le persone e della loro riconoscenza, ha ricordato un episodio significativo di una signora che aveva bisogno del loro aiuto per ripulire il suo giardino dal fango e dai detriti: “Era una cosa semplice e in cinque minuti l’abbiamo fatto. Questa signora voleva darci dei soldi e si è messa anche a piangere. Ancora un po’ e ci mettevamo a piangere anche noi. È una cosa che ti riempie il cuore”.
Maurizio Severino, Andrea Casiraghi, Andrea Bonfanti
Andrea Bonfanti, 56 anni, che parallelamente alla sua opera di volontariato lavora all’INRCA di Casatenovo, è il volontario con la maggiore anzianità e si occupa della direzione e del coordinamento delle operazioni del gruppo di Merate. Bonfanti ricorda di essere entrato nella Protezione Civile nel 1989, quando si stavano formando i primi gruppi comunali: “Ai tempi c’erano stati da poco i terremoti del Friuli e dell’Irpinia, e l’alluvione in Valtellina, io avevo appena finito la maturità e sentivo il bisogno di dare una mano”. La volontà di mettere il proprio lavoro al servizio delle persone è ciò che ha mosso anche gli altri colleghi di Bonfanti, tra cui Andrea Casiraghi (metalmeccanico di 33 anni e uno dei più giovani di iscrizione) e Maurizio Severino, che tutt’ora svolgono funzioni più operative a contatto con le persone. Come ha detto Severino: “Il bello di essere qua a svolgere questa attività, e penso di parlare a nome di tutti, è di aiutare le persone”.
Parlando dei pregi e dei difetti del mestiere di volontario, Bonfanti ha spiegato che esso consiste soprattutto in interventi di prevenzione sul territorio e di risposta in casi di forti temporali: “L’impegno non è giornaliero, ma si cerca di essere sempre reperibili”, e ha continuato, “La parte migliore è quando si va a portare un aiuto concreto alla gente, quando ti dicono grazie. Purtroppo succede anche che la gente veda i nostri interventi come un fastidio quando non hanno ricevuto direttamente un danno: per esempio, nel caso dei presìdi che abbiamo fatto al mercato per la storia del Coronavirus, al fine di evitare assembramenti, mantenere le distanze interpersonali e misurare la temperatura, c’era chi si sentiva limitato nelle proprie libertà personali”. Anche Andrea Casiraghi ha sottolineato l’importanza di ricevere un ringraziamento per il proprio servizio e di “vedere una faccia contenta”, e ha aggiunto: “La parte migliore è stare con gli altri volontari. Qui è diverso che stare a lavoro, è tutto più scherzoso e amichevole. È bello fare questa attività con gente che ti sta simpatica, altrimenti non la farei”. Severino ha poi rimarcato l’importanza dell’affiatamento tra i membri della squadra: “Non siamo soltanto un gruppo ma siamo tutti amici. È quello che ci fa funzionare così bene. Finiti gli interventi, spesso ci mangiamo una pizza e beviamo qualcosa insieme”.
Tornando alla questione del Coronavirus, i volontari hanno raccontato come la parte più complicata sia stata adattarsi a svolgere attività che non prevedevano di dover fare. Con le parole di Bonfanti: “Alla fine le attività che abbiamo svolto non è che fossero così difficili: abbiamo portato la spesa e i farmaci a casa delle persone, rifornito i pasti e i cambi di indumenti agli ospedali, distribuito le mascherine in base ai gruppi familiari. Non pensavamo che avremmo mai dovuto svolgere questi compiti, ma ci siamo organizzati in fretta suddividendo le zone e gestendo le squadre per non lasciare indietro nessuno”. Per Casiraghi, il servizio nella Protezione Civile ha rappresentato anche un modo per affrontare con più serenità la quarantena: “Essendo in cassa integrazione ho trovato nella squadra un’occasione per non stare a casa a girarmi i pollici, uno svago ma anche un’opportunità per aiutare gli altri”. Ha poi aggiunto: “Abbiamo dovuto abituarci a gestire le persone in un certo modo, soprattutto mantenendo le distanze, ma tutto sommato, nuovi compiti a parte, non mi sembra che sia cambiato molto nella mia attività. Certo, si notava un po’ di paura, anche nelle persone giovani, ma in compenso le persone ci erano riconoscenti e abbiamo ricevuto molti grazie”. L’importanza dell’azione della Protezione Civile negli scorsi mesi può essere riassunta nelle parole di Bonfanti: “Questa storia del Covid è stata la cosa che forse ha tirato fuori di più il vero senso della Protezione Civile. È stato l’intervento più lungo e maggiormente legato al nostro territorio: se non avessimo fatto nulla in questo periodo la nostra stessa esistenza sarebbe stata inutile”.
Infine, i volontari hanno ricordato alcuni momenti della loro carriera che più gli sono rimasti impressi nella memoria e nel cuore. Bonfanti e Casiraghi si sono trovati d’accordo nel riportare l’esempio delle frane a Premana di giugno dell’anno scorso, in occasione delle quali il Gruppo di Protezione Civile di Merate è intervenuto su richiesta della Provincia di Lecco. Portare soccorso ai cittadini in difficoltà si è rivelato un lavoro gratificante sia per chi, come Bonfanti, aveva una visione globale “dall’alto” delle operazioni, sia per chi, come Casiraghi, si trovava a diretto contatto con la gente. Severino, invece, che ha avuto l’occasione di recarsi all’Aquila per prestare soccorso in seguito al terremoto del 2009, ha definito quell’esperienza come “una cosa incredibile che rimarrà per sempre nella mia vita”. Quindi, per sottolineare nuovamente il valore dell’aiutare le persone e della loro riconoscenza, ha ricordato un episodio significativo di una signora che aveva bisogno del loro aiuto per ripulire il suo giardino dal fango e dai detriti: “Era una cosa semplice e in cinque minuti l’abbiamo fatto. Questa signora voleva darci dei soldi e si è messa anche a piangere. Ancora un po’ e ci mettevamo a piangere anche noi. È una cosa che ti riempie il cuore”.
C.F.