Mandic presidio 'covid free' nel nuovo modello organizzativo. Dubbi sul futuro del servizio emergenza-urgenza gestito dal PS
Gedeone Baraldo
Ma se invece denuncia uno dei sintomi sopra elencati dovrebbe essere immediatamente trasferito nella zona “sporca” e essere sottoposto alle procedure previste dal protocollo coronavirus. Tra cui il doppio tampone. Il problema però è che la procedura richiede almeno 36 ore di tempo. Ma se il paziente ha rotto un femore, è infartuato, è colpito di ictus evidentemente attendere tanto prima di operare è impossibile.
Ecco dunque la ricetta B. & B.: allertare subito Lecco e trasferire al Manzoni il paziente. Il quale sarà processato per coronavirus ma al tempo stesso sottoposto all’intervento di cui necessita in maniera indifferibile.
Ma così facendo, nel tempo, Merate lavorerà sempre meno per l’emergenza-urgenza e sempre più in elezione, cioè con interventi programmati. Come accade alle cliniche private prive del pronto soccorso. E’ vero che l’emergenza, in qualche modo, “disturba” i reparti perché interferisce con la programmazione ma essa classifica il presidio e il Ps è indispensabile per mantenere il DEA, il Dipartimento Emergenza e Accettazione.
Se la curva dei contagi scende e si torna progressivamente alla normalità anche il Ps riprende il suo percorso ordinario. Ma se la curva dovesse tornare bruscamente a salire tornando ai livelli di marzo/aprile con l’80% degli accessi causa coronavirus, Lecco sarebbe ingolfato mentre Merate sostanzialmente svuotato, in quanto anche gli altri interventi operatori, come è accaduto nei trascorsi mesi, crollerebbero di numero.
Il Mandic ha lottato in prima linea, probabilmente come e forse più del Manzoni, durante i due mesi di fuoco dovendosi fare carico anche di pazienti arrivati in massa dalla vicina provincia di Bergamo.
Mantenere l’organizzazione arricchita dall’esperienza, con cui è stata gestita la fase emergenziale ha un senso compiuto anche perché il presidio può essere agevolmente predisposto con settori e corridoi “puliti” e “sporchi”.
Perché dunque Baraldo e Bettamio abbiano operato una scelta diversa non è chiaro. Gli operatori più critici con la Direzione strategica a partire dagli iscritti al sindacato di base si sono già lanciati nel prefigurare scenari drammatici per il nosocomio di via Cerri, con un pronto soccorso ridotto al lumicino fino a diventare quel punto di primo intervento, aperto dalle 8 alle 20, di cui si parlò nelle prime settimane dell’arrivo dei nuovi vertici aziendali.
Purtroppo il confronto con la Direzione non decolla e quando c’è è inteso a senso unico. Mentre trattandosi dell’ospedale pubblico di Merate è diritto dei cittadini sapere e dovere dei dirigenti esporre con chiarezza i progetti. Altrimenti il rischio di pensare male si fa concreto.
Del resto non si può sottacere quanto sia in deficit di organico il Ps che dispone sì e no della metà dei medici necessari e previsti nell’organigramma.
Venerdì i vertici aziendali accompagnati da diversi direttori di unità operative complesse di Lecco hanno fatto visita al Mandic per incontrare alcuni primari. Non sembra siano emersi elementi utili alla più corretta interpretazione del documento. Pare però che qualche mugugno sia circolato anche tra i professionisti lecchesi per il timore che il Manzoni sia dedicato alla gestione esclusiva del paziente affetto da Covid 19.
Di certo ci sono le rassicurazioni che il Ps di Merate non subirà alcun ridimensionamento.
E’ l’auspicio di tutti, ma in sede di prossima stesura del Piano organizzativo Aziendale Strategico (Poas), come segnale importante della volontà di rilancio del Mandic è anche auspicabile la creazione di un dipartimento chirurgico comprendente anche ortopedia, otorino e oculistica con un direttore di dipartimento scelto tra i primari delle unità ricomprese nel dipartimento, nuove strutture semplici e l’assegnazione di alta specialità, dato che sia di s.s. sia di alta specialità al Mandic c’è penuria mentre al Manzoni abbondanza. Senza nulla voler togliere, ovviamente, al presidio di Germanedo.
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C.B.