Retesalute: rinviata l’assemblea del 18 per il varo del rilancio. Sul disavanzo tutti sapevano e le responsabilità sono politiche
Alessandra Colombo
Come si ricorderà il cambio del cdA ha coinciso con l'esplodere della questione economica. A fronte di un sostanziale pareggio di bilancio nel 2018 e precedenti è invece emersa una consistente perdita stimata in oltre 400mila euro l'anno - 570mila euro nel 2019 - che avrebbe generato un disavanzo complessivo di circa 3,5 milioni di euro.
Avevamo già avuto modo di scrivere che la questione è grave solo in apparenza perché i soci dell'azienda sono gli stessi "clienti" in quanto i Comuni associati hanno conferito alcuni servizi alla persona a Retesalute pagandone il corrispettivo. Se tale corrispettivo non è adeguato al costo reale di produzione si forma una perdita. Semmai ci si deve domandare la ragione per cui un risultato negativo, non certo frutto di azioni illegali, non sia stato reso noto anno dopo anno.
Invece diversi soci e qualche commentatore dell'ultimo minuto si sono detti sorpresi, fingendo i primi, sinceramente i secondi, di non sapere come stavano esattamente le cose.
Alessandro Salvioni
E allora estrapoliamo qualche brano dal piano di rilancio presentato dal cdA guidato da Alessandro Salvioni la primavera del 2019 in vista dell'aumento di capitale di 400mila euro, poi sottoscritto. Ci limitiamo alla parte "strumentale" riservandoci l'approfondimento sul ruolo dell'Ambito.
Il patrimonio netto di Retesalute, si legge è costituito dal solo capitale sociale di 50mila euro. Il trattamento di fine rapporto (TFR) già maturato assomma a 400mila euro ma non ha alcuna copertura in bilancio alla voce accantonamento al fondo quiescenza dipendenti. Questa fragilità patrimoniale aveva già indotto una banca a dimezzare il castelletto anticipo su fatture, l'unico strumento finanziario per ottenere rapidamente liquidità.
Ma bastava l'analisi del conto economico riclassificato per comprendere come l'ASP stesse lavorando in perdita. Ecco un estratto letterale della relazione sul rilancio dell'azienda: "I principali problemi relativi alla gestione delle attività di Retesalute sono il Margine Operativo Lordo inesistente (il MOL è un indicatore di redditività basato sulla gestione operativa, quindi al netto di interessi, imposte e ammortamenti ndr), i servizi forniti in perdita, le modalità di gestione del personale che comportano un danno economico in caso di espansione, voci di bilancio che necessitano di una analisi approfondita".
E ancora: "Il fatto che nella migliore delle ipotesi i servizi forniti da Retesalute vengono fatturati a una cifra pari al costo di produzione porta ad una consistenza del MOL pari o inferiore a zero. . . .alcuni servizi offerti da Retesalute ai Soci (i Comuni ndr) e a soggetti esterni alla compagine societaria sono venduti senza un affidabile studio del loro costo industriale, imprescindibile per formularne il prezzo. In passato questo era spesso determinato dal cliente (Il Comune socio ndr) che lo pronunciava in base a quello che era l'attesa di pagare il servizio stesso".
L'analisi prosegue evidenziando una discrasia tra i tempi di pagamento a dipendenti e fornitori e quelli di incasso dove i secondi (dai Comuni) erano molto più lunghi dei primi generando così squilibri nei flussi di cassa. Di qui la necessità di anticipare le fatture con costi finanziari rilevanti che nulla aggiungono all'aspettativa del cittadino.
Le mosse per invertire la rotta sono riassunte in quattro punti di cui il primo è il più evidente: la riscrittura completa dei tariffari per fare in modo che ciascun servizio sia ampiamente coperto e generi un MOL.
Insomma siamo in presenza di una normalissima azienda che, seppure pubblica al 100%, opera, o dovrebbe operare, con criteri privatistici. Il margine lordo è null'altro che l'aritmetica differenza tra ricavi meno i costi. Se vendo a un prezzo inferiore al costo per unità di prodotto genero un disavanzo. Ci può stare, proprio perché azienda pubblica detenuta dai soci ma solo se questi calcolano - e versano - il contributo in conto esercizio sufficiente a compensare l'acquisto del servizio a basso costo. Ossia una quota annua pro capite stimata nel piano in 5,96 euro.
Ma del piano si è concretizzato solo l'aumento di capitale. Il cdA poi a giugno è entrato in prorogatio per la sola ordinaria amministrazione. E a ottobre è stato eletto il nuovo Consiglio.
Sul disavanzo, quindi, le responsabilità politiche sono rilevanti cui si aggiungono anche manchevolezze, alcuni sostengono molto gravi, da parte della struttura contabile-amministrativa dell'ASP.
Ma almeno si lasci sorprendere soltanto chi mai ha seguito la vicenda di Retesalute e si picca di commentarla. Perché tutti gli altri sapevano.