Paderno: l’Hotel Adda e il Covid-19, tra tamponi effettuati ad aprile e isolamento nelle stanze il virus non ha fatto ''strage''
Si è detto spesso che gli ospedali con il loro personale sanitario hanno affrontato in prima linea l’offensiva del virus, forse un po’
meno che il ruolo assunto dalle case di cura per anziani è stato simile a quello di un esercito schierato a difesa delle mura di una città (per non abbandonare la metafora bellica). Per la natura stessa della sua struttura, più simile ad un albergo che ad una residenza sanitaria assistenziale vera e propria, oltre che per certe scelte direzionali rivelatesi azzeccate, all’Hotel Adda di Paderno la conta dei danni dovuti al passaggio del coronavirus è stata sicuramente meno drammatica che altrove. Trasformata da hotel a residenza per anziani nel 2010, il centro di via Edison ha perso nel giro di due mesi circa una ventina di ospiti. Ma oltre a coloro che sono venuti a mancare accusando sintomi influenzali ascrivibili alla malattia causata dal morbo, il Covid-19, come sottolinea il direttore dr. Danilo Stagi, c’è stato anche chi ha lasciato la struttura semplicemente per tornare a casa. ''A

La residenza anziani di via Edison e, nel riquadro,
il direttore Danilo Stagi
''In questa situazione difficile – ha proseguito il dr. Stagi – ho potuto rilevare con piacer la nota positiva di come si sono comportate le istituzioni, in primis il sindaco di Paderno. Anche per quanto riguarda la fornitura dei dispositivi di protezione individuale, pur affrontando le medesime difficoltà nel loro reperimento di tanti centri come il nostro, abbiamo potuto beneficiare ad esempio della fornitura della Fondazione Comunitaria Lecchese''.
meno che il ruolo assunto dalle case di cura per anziani è stato simile a quello di un esercito schierato a difesa delle mura di una città (per non abbandonare la metafora bellica). Per la natura stessa della sua struttura, più simile ad un albergo che ad una residenza sanitaria assistenziale vera e propria, oltre che per certe scelte direzionali rivelatesi azzeccate, all’Hotel Adda di Paderno la conta dei danni dovuti al passaggio del coronavirus è stata sicuramente meno drammatica che altrove. Trasformata da hotel a residenza per anziani nel 2010, il centro di via Edison ha perso nel giro di due mesi circa una ventina di ospiti. Ma oltre a coloro che sono venuti a mancare accusando sintomi influenzali ascrivibili alla malattia causata dal morbo, il Covid-19, come sottolinea il direttore dr. Danilo Stagi, c’è stato anche chi ha lasciato la struttura semplicemente per tornare a casa. ''A
differenza di altre strutture, ospitiamo una popolazione di persone anziane che stanno mediamente meglio che in altre realtà, a parità di condizioni e intendo senza il coronavirus'' ha chiarito il direttore. ''Inoltre, lavoriamo più sul breve periodo e un certo numero di clienti quando è incominciata l’emergenza è tornato a casa perché si trovava da noi solo temporaneamente. Siamo passati quindi dai circa 80 ai 60 ospiti attuali. Di decessi ce ne sono stati, alcuni anche chiaramente colpiti dal Covid in quanto ricoverati in ospedale dove la loro positività è poi risultata evidente. In altri casi però possiamo avere solo il sospetto, nonostante la sintomatologia fosse quella. Affermare però che la causa di morte sia stato proprio il Covid in un anziano con un tumore grave, per fare un esempio, è impossibile''. Il coronavirus ha perciò indubbiamente circolato anche nella struttura dell’Hotel Adda, ma nella misura stessa in cui ha circolato per diverse settimane, se non addirittura mesi, prima che venisse ''scoperto''. La reazione della struttura, appena hanno iniziato a circolare le notizie dei primi casi accertati in Lombardia, è stata pressoché immediata.

La residenza anziani di via Edison e, nel riquadro,
il direttore Danilo Stagi
La chiusura del centro diurno anziani e al ricevimento dei famigliari è avvenuta il 27 febbraio. ''Rinunciare al centro anziani è stata una scelta presa a malincuore, direi penosa, perché per gli anziani che lo frequentavano, circa una decina, è mancato un punto di riferimento quotidiano importante'' ha proseguito il dr. Stagi. ''La soluzione che abbiamo poi ritenuto più efficace una volta accertata la prima positività di un nostro ospite in ospedale, nel fine settimana tra il 14 e il 15 marzo, è stata quella di limitare la permanenza degli anziani all’interno dell’edificio solo alle loro camere. Da quel momento a livello organizzativo abbiamo dovuto mettere in pratica una sorta di servizio in camera come in un albergo. A questo punto mi corre l’obbligo di sottolineare il grande lavoro e i sacrifici che hanno affrontato i nostri operatori in queste settimane. Ufficialmente di positivi non ne abbiamo avuti, ma nell’arco di tutto il periodo sono stati 12 i lavoratori rimasti a casa con sintomatologia simil Covid. L’ultimo operatore in malattia rientrerà fortunatamente tra qualche giorno''. L’organico dell’Hotel Adda conta una quarantina di operatori, ha spiegato il direttore, e nelle settimane più difficili dell’emergenza è stato necessario assumerne temporaneamente alcuni. A conferma del fatto che il virus sia stato in qualche modo tenuto sotto controllo all’interno del centro anziani padernese vi è anche l’esito dei tamponi effettuati su tutti gli ospiti intorno alla metà di aprile. Solo sei le persone sono risultate positive e attualmente si trovano isolate in una piccola ala dedicata della struttura. ''Già nei primi giorni di marzo si era partiti con una procedura a maglia stretta per coloro che presentavano alcuni sintomi, tra cui tosse in chi solitamente non
tossiva, oppure dissenteria e febbre. Successivamente da metà marzo, come detto, abbiamo isolato tutti nelle proprie stanze. Arrivati gli esiti dei tamponi abbiamo invece provveduto ad individuare una piccola area all’interno della struttura dove sistemare i sei positivi, che sono fortunatamente in fase di guarigione e seguiti da due operatori dedicati per ciascun turno''.''In questa situazione difficile – ha proseguito il dr. Stagi – ho potuto rilevare con piacer la nota positiva di come si sono comportate le istituzioni, in primis il sindaco di Paderno. Anche per quanto riguarda la fornitura dei dispositivi di protezione individuale, pur affrontando le medesime difficoltà nel loro reperimento di tanti centri come il nostro, abbiamo potuto beneficiare ad esempio della fornitura della Fondazione Comunitaria Lecchese''.
A.S.