La scuola è più forte di una preside beccata con le mani nel sacco

Stefano Motta
Tra i 60 e i 70 mila euro lordi annui, senza contare gli incarichi aggiuntivi, le reggenze, le presidenze di commissione all’Esame di Stato di cui alcuni fanno man bassa: questo è lo stipendio medio di un dirigente scolastico in Italia.
Si dirà che è poco rispetto alla retribuzione di un altro qualsiasi dirigente della Pubblica Amministrazione che avesse pari responsabilità, ed è probabilmente vero, perché le responsabilità (e le conseguenti capacità richieste) in capo a un Dirigente Scolastico sono amplissime.
Si dirà che è un’enormità rispetto allo stipendio lordo annuo di un docente di scuola superiore, che si aggira sui 33 mila euro, ed è sicuramente vero.
Si dirà che è un’offesa vedendo la preparazione e il comportamento di molti presidi, ed è una certezza.
Ma non è comunque poco.
Se nessuna miseria giustifica un furto, di certo quando chi ruba è una persona con uno stipendio simile, per di più un pubblico ufficiale, per di più impegnato in ambito educativo, la notizia è sconvolgente.
È quello che è capitato a Daniela Lo Verde arrestata con l’accusa di corruzione e peculato: “rubava cibo e pc dalla scuola per proprie e personali necessità”, riferiscono le agenzie di stampa. Oltre a truccare i numeri degli studenti per potersi accaparrare le somme dei PON, i “Programmi Operativi Nazionali” finanziati dalla Commissione Europea.
53 anni, insignita nel 2020 del titolo di Cavaliere della Repubblica per i meriti avuti nell’aiuto delle famiglie del quartiere durante il periodo della pandemia, da dieci anni era a capo dell’istituto “Falcone” nel quartiere di Palermo detto “Zen”, che sta per “Zona Espansione Nord”.
Ed è con un gioco su questo nome che è stata denominata l’inchiesta condotta da febbraio 2022 ad aprile 2023 dalla sezione Eppo (la Procura Europea) del Nucleo investigativo di Palermo: “La coscienza di Zen-O”.
Cercare un calembour sull’intitolazione della scuola sarebbe sembrato dissacrante, e non è scritto da nessuna parte che un preside debba prendere per osmosi le caratteristiche e i talenti del personaggio cui è dedicato l’istituto che presiede. Ma leggere di corruzione e peculato da parte del capo di un istituto intitolato a Giovanni Falcone è più che un ossimoro: è una schifezza.
Chi volesse qualche particolare merceologico in più sull’inventario di belle cose trovate nelle case degli indagati (dal tonno ai giochi in scatola, dai megatelevisori da 65 pollici alle stampanti multifunzione) può fare zapping tra i diversi siti di informazione.
A me interessa qui riflettere sul criterio generale e non sul caso particolare: ho sempre ritenuto che la Legge 59/97 sull’Autonomia scolastica che ha trasformato i Presidi in Dirigenti Scolastici fosse, in questo campo, profondamente sbagliata. Insieme con l’aziendalizzazione della scuola che da lì in avanti ne è conseguita, a tutto discapito della qualità pedagogica delle persone messe a capo di tali aziende, e della qualità del servizio effettivamente reso agli studenti, divenuto una gara alle prestazioni, agli indici numerici di successo formativo, con storture che nulla hanno a che vedere con la bellezza e la nobiltà di un luogo sacro come la scuola.
Se proprio deve essere, però, che almeno queste figure di Dirigenti Scolastici turnino, come qualsiasi altro alto dirigente pubblico. Dieci anni in una scuola sono troppi. Si creano baronie e potentati, si generano inerzie e pigrizie o, a voler essere più propositivi, si inchioda in un posto una persona che, con le capacità nel frattempo maturate, potrebbe fare del bene anche altrove.
C’è questa idea tutta e solo italiana del posto fisso che odora di simonia e nepotismo, e che va sradicata, perché la scuola torni davvero ad essere il fiore all’occhiello della nostra società. La differenza non la fanno i pc o le SmartTV, nemmeno quelle installate nelle aule, figuriamoci quelle portate a casa propria. La differenza la fanno le persone. E la scuola italiana statale e paritaria – sulla quale taccio per compassione – ha urgente bisogno di persone differenti.
Lavoro nella scuola da 25 anni, dove ho percorso tutta la trafila della carriera possibile. Sono stato docente di scuola paritaria e statale, preside, formatore degli aspiranti docenti per il concorso ordinario e straordinario, sono soprattutto papà di due alunni delle nostre scuole italiane: ho conosciuto professionisti eccellenti e loschi figuri, stakanovisti ammirevoli e approfittatori seriali, mi sono scontrato con persone indegne, le ho portate in tribunale e sono poi state rimosse dai loro incarichi, eppure non ho perso nemmeno per un attimo la fiducia nella scuola. E non me la farà perdere una signora di Palermo beccata con le mani nel tonno della mensa scolastica.
Prof. Stefano Motta
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