Bolletta energetica: l’incognita del costo futuro e la variabilità sono una minaccia per le aziende. La ‘voce’ di un imprenditore

Gli effetti più dannosi sul sistema produttivo italiano per le aziende che hanno una visione internazionale si avranno nei prossimi mesi quando le società, aiutate più e meglio dai propri Stati a affrontare lo shock energetico - Germania in testa - si troveranno molto avvantaggiate, quindi assai più competitive rispetto alle nostre imprese.

Perché l'esplosione del costo del gas e dell'energia elettrica, indipendentemente dalle fonti di produzione, ha colpito l'intera Europa ma a fare la differenza sono le contromisure poste in atto dai singoli Stati. La Germania ha messo sul piatto 200 miliardi, la Francia 100 senza farlo sapere troppo in giro, l'Italia punta sui crediti d'imposta e qualche sgravio sulle accise.

Non avendo soldi in cassa, l'Italia per calmierare i prezzi dovrebbe farsi prestare i soldi, ma questo verrebbe subito giudicato da Bruxelles "aiuto di Stato" e quindi, in assenza di una decisione comune di tutti gli stati dell'Unione Europea, ha le mani legate.

 

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Il quadro è riassumibile con poche cifre: nel primo semestre 2022 il prezzo medio all'ingrosso del gas naturale e del PUN elettrico sono stati rispettivamente di 100 e di 250 euro per MWh. Se si considera che nella media del 2019 i rispettivi prezzi erano stati di 16 e di 52 euro per MWh è chiaro l'impatto che questi costi stanno avendo nei conti delle famiglie e delle imprese. Il prezzo dell'energia dipende molto dal costo del gas col quale in Italia si produce la metà circa dell'elettricità. Chi aveva fissato il prezzo per il 2022, pur avendo subito un aggravio di costi di quattro volte superiore ha almeno evitato i picchi del costo del megawattora che ha toccato i 600 euro per stabilizzarsi poi sopra quota 300.

Ma ora ci sono i contratti da rinnovare. E qui iniziano i veri problemi per le aziende, soprattutto quelle energivore che consumano cioè oltre 1 milione di kilowattora l'anno. Non ci sono prezzi fissi, il prezzo unico nazionale (PUN) varia di giorno in giorno per cui non è possibile una pianificazione finanziaria finché non arriva la bolletta. Non solo, la maggior parte dei soggetti operanti sul mercato libero, che pure applicano costi inferiori, chiedono però una garanzia fidejussoria pari a 4 mesi di consumo. Come si può operare in questa situazione?

 

Pietro Terragni

Ne parliamo con Pietro Terragni, contitolare della Leitsu, azienda del tessile attiva 24 ore su 24, e come tale inserita nella categoria delle società a maggiore consumo.

"E' una follia alla quale non si sa bene come porre rimedio. Il mercato di salvaguardia non chiede la fidejussione ma applica spread sul prezzo in acquisto molto più alto. Tuttavia se non si riesce a ottenere da una banca una fidejussione non resta che pagare ancora di più. Nel nostro caso la fidejussione sfiora quota 1 milione di euro. E' evidente che una garanzia del genere comprime la capacità di contrarre credito su linee operative come il fido di cassa, lo smobilizzo del portafoglio e le anticipazioni all'export. Se non ci saranno interventi robusti a livello europeo nel 2023 l'impatto economico sarà molto duro. Mi auguro che oltre ai decreti anti rave, al massimale per il contante e ai problemi legati all'immigrazione questo Governo si concentri sulle cose serie da fare. I sistemi produttivi tedesco e francese torneranno più forte di prima della crisi energetica grazie al sostegno dello Stato, i cinesi riprenderanno le feroci esportazioni di prima della pandemia. E noi ci troveremo con crediti d'imposta inutili perché ci saranno più perdite che profitti".

La stabilizzazione dei prezzi per una corretta pianificazione finanziaria, diventa quindi, fondamentale nelle decisioni che la politica dovrà assumere. Anche perché chi opera nel comparto della produzione di materia prima, come la Leitsu riesce in qualche modo a adeguare i prezzi di vendita al mutevole costo dell'energia ma chi opera con listini non può certo modificarli a cadenza settimanale, soprattutto se il mercato di riferimento non è solo quello interno. Quindi è indispensabile una stabilizzazione almeno semestrale per consentire alle imprese di armonizzare i flussi finanziari per mantenere un equilibrio tra le partite correnti cercando di restare competitivi sui mercati internazionali. Che è la sfida più difficile.

Claudio Brambilla
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