Retesalute: ora però qualcuno paghi il conto sia economico, sia politico. A cominciare dal Presidente dell’Assemblea degli azionisti

Cose gravissime, movimenti da conti aziendali a conti personali, falsificazione di bilanci”. Così si esprimeva il Sindaco di Merate nel corso del Consiglio comunale del 9 giugno 2020. Il senso pur non in maniera esplicita era chiaro: imputare al direttore generale e all’impiegata contabile di Retesalute le responsabilità delle perdite accumulate dall’azienda pubblica che gestisce e eroga servizi alla persona.

Di più: il Collegio liquidatori con l’appoggio dell’assemblea dei sindaci avviava un’azione legale contro alcuni soggetti, ex membri del CdA precedente, ex revisori dei conti, con la strabiliante richiesta di risarcimento in solido per 4 milioni.

E tutti a applaudire: il buco lo pagheranno loro, Milani, Ronchi, Colleoni, Salvioni, Molteni, Zanmarchi e chi più ne ha più ne metta.

A presiedere le sedute è sempre il Sindaco di Merate, questa volta nelle vesti di presidente dell’assemblea dei Soci. Punta il dito, accusa, chiede la liquidazione dell’azienda, magari, per crearne un’altra come aveva imprudentemente proposto Alfredo Casaletto assessore al bilancio di Merate.

La palla di neve diventa valanga in un contesto dove l’80 per cento dei rappresentanti dei soci sa poco o nulla del problema di cui si sta discutendo.

Poi qualcuno una domanda se la pone: la eventuale manipolazione dei conti tra cassa e competenza può essere la causa delle perdite d’esercizio le quali, si impara in terza ragioneria, sono prodotte dai maggiori costi sui ricavi? Impossibile.

Del resto già la presidente del CdA, poi membro del collegio liquidatori Alessandra Colombo l’1 giugno 2020 aveva indicato come causa del disavanzo “..l’inadeguatezza delle tariffe e dei contributi per le spese generali”.

Il 22 luglio dello stesso anno, Maurizio Maggioni vice sindaco di Olgiate durante il Consiglio aveva detto: “L'errata imputazione delle partite di costo a livello economico, ha permesso ai comuni di ottenere servizi a costi inferiori rispetto al loro valore”.

Ma questa nuova prospettiva non era servita a far cambiare direzione a Massimo Panzeri, tanto che il 9 aprile 2021 ancora in Consiglio tuonava: “ Io porto dubbi che alla fine si riduca a dei debiti gestionali. Con la relazione che avete ricevuto, ci sono forti motivi e delle valutazioni che vanno un pelino oltre il semplice debito gestionale".

Linguaggio da bar a parte, appariva persistere l’orientamento del Sindaco della seconda città lecchese che ancora non aveva colto l’essenza del problema.

Occorreva attendere il 30 settembre del 2021 per sentire parole di buon senso da Filippo Galbiati, sindaco di Casatenovo: “Non possiamo dire ai nostri cittadini che non avevamo una  responsabilità politica. La politica ha delle responsabilità. Ragiono sulle mie responsabilità. . .”.

E difatti anche il presidente Panzeri arrivava finalmente ad ammettere che:  Abbiamo derubricato la vicenda a un fatto gestionale, ora diciamo che non c'è stato un dolo, ma l'errore c'è stato e le responsabilità, se ci sono, vanno riconosciute”.

Meglio tardi che mai come usa dire. Ma certo il ruolo di Presidente dell’Assemblea degli azionisti dell’azienda non può restare in mani così sprovvedute.

La cronistoria può finire qui anche se a rileggere i verbali c’è davvero da domandarsi ma da chi siamo governati! Milani e Ronchi non avevano certo il potere di modificare le tariffe né aumentare i contributi in conto esercizio. Piuttosto – e qui si va al cuore del problema – occorre domandarsi perché il piano di rilancio dell’8 ottobre 2021 è stato bocciato per un millesimo, causa l’assenza del comune di Brivio, per malavoglia o malafede, non si saprà mai. Quel piano apriva gli occhi a quanti ancora fingevano di non vedere i movimenti tra l’Ambito e il conto strumentale perché così i servizi costavano meno del loro valore e per giunta venivano pagati con ritardo.

Il comico in tutto ciò è che proprio ai membri di quel CdA, i  soci dell’azienda, gli stessi che hanno bocciato il piano di rilancio – su proposta del collegio liquidatori –  hanno chiesto 4 milioni come risarcimento danni. Spudorati e senza vergogna.

 Ma le domande sono tante, per esempio: dov’erano i segretari comunali allora? Quegli stessi che hanno preso carta e penna scrivendo direttamente al CdA di Retesalute – quello nuovo presieduto dall’arcigno Antonio Colombo – senza nemmeno consultare i sindaci di cui sono fiduciari? Una mossa  . .preventiva?

Quanti si illudevano di scaricare tutto sulle spalle di due dipendenti – per noi era una follia già il solo pensarlo – sono stati “bastonati” da una ineccepibile sentenza. E del resto la dottoressa Federica Trovò già si era espressa in modo limpido e lineare, con conclusioni condivise anche dalla sezione civile del tribunale di Lecco. Una sentenza esemplare di cui – avendo seguito la vicenda passo dopo passo e aver letto le carte – condividiamo parola per parola.

Ora però il conto va presentato: la liquidazione e il ritorno in bonis sono costati centinaia di migliaia di euro. Consulenti e avvocati hanno incassato ottime parcelle, e pure i membri del collegio dei liquidatori si sono stipendiati con 140mila euro. E’ auspicabile che la Corte dei Conti proceda per danno erariale verso tutti coloro che hanno deliberato la procedura e instaurato le cause di lavoro. Perché non è giusto che sia Retesalute, cioè tutti noi, a pagare il conto di questo clamorosi errori.

Il Presidente dell’assemblea dei soci – se avesse un barlume di dignità politica -  dovrebbe dimettersi all’istante, come peraltro è stato richiesto espressamente da diversi sindaci.

Ma non è il solo Massimo Panzeri  a non aver capito le cause del dissesto e l’assurdità della liquidazione con già pronta la delibera del ritorno in bonis. L’avvocata Franca Maggioni, titolare dei servizi sociali non ha nulla da dire? E gli avvocati Alfredo Casaletto e Giuseppe Procopio non dovrebbero avere le necessarie competenze per consigliare meglio il loro Sindaco?

E’ davvero impressionante il silenzio dei soci dell’azienda pubblica, seguito alla sentenza. Forse il battaglione di centrodestra era già preso dall’estenuante preparazione del matrimonio del sindaco di Santa Maria Hoè, mentre quello di centrosinistra si sta ancora domandando perché non aver spinto fino in fondo la liquidazione in modo da conferire tutti i servizi sociali al Consorzio Consolida.

Del resto qualcuno, confondendo arance con servizi sociali, ha già fatto presente che sul mercato ci sono servizi a costi minori. Senza però aggiungere un commento sulla loro qualità.

Claudio Brambilla
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