L’ultimo saluto a Stefano Galli, il leghista che tanto ha fatto per la sanità lecchese

Difficile aggiungere qualcosa a quanto hanno dichiarato al nostro giornale top manager del calibro di Mauro Lovisari, Pietro Caltagirone e Alberto Zoli, tra i migliori che la sanità lombarda abbia mai avuto. Tuttavia a Stefano Galli, deceduto a soli 63 anni dopo una decina di totale isolamento politico e si presume anche in condizioni economiche difficili, due parole le aggiungiamo anche noi. Con il coriaceo ex capogruppo leghista in Commissione sanità nei primi anni di questo terzo millennio ci siamo incontrati e scontrati più volte. Fino a comprendere - ce ne abbiamo messo di tempo - che dietro la sua logica stringente del "calcio nel culo" a chi sproloquia di ospedali "senza capirne un cazzo" c'era una persona molto sensibile, accorta, attenta e innamorata del proprio territorio. Sì, hanno ragione Lovisari, Caltagirone e Zoli che hanno governato tra le altre anche l'azienda ospedaliera lecchese: per il Manzoni, il Mandic e l'Umberto I° Stefano Galli, tessera numero 3 della Lega lombarda, dal 1990 in Regione Lombardia fino all'esplosione del caso "rimborsopoli", si è speso tantissimo andando spesso controcorrente come quando presentò una mozione per imporre la maggioranza assoluta (70%) nelle ipotizzate fondazioni che avrebbero dovuto gestire diversi presidi ospedalieri, tra i quali quello di Merate.

Oggi non ci sono più difensori del San Leopoldo Mandic, ma in realtà nemmeno del Manzoni e dell'Umberto I°. I consiglieri regionali leghisti in carica sono del tutto assenti sul tema, più impegnati nell'individuare il posizionamento migliore che la riapertura della Psichiatria di Merate chiusa all'inizio della pandemia e mai più riaperta nonostante le rassicurazione del direttore generale Paolo Favini.

E non ci sono più leghisti disposti a sostenere le evidentissime criticità del nostro presidio perché così ordinano dall'alto, guai, la regione è a trazione Lega come si fa a contestarne le strategie? Prendiamo il sindaco di Merate che dovrebbe avere il massimo dell'attenzione sul presidio. Qualcuno l'ha mai sentito alzare la voce, presentare un documento, indossare la fascia tricolore e chiedere perché i reparti vengono ridimensionati, il personale se ne va, le prestazioni calano a tutto vantaggio delle strutture private?

Bene Stefano Galli tutto questo lo faceva, a modo suo, un po' brutale, ma sempre in buona fede. Forse oggi la Cardiochirurgia al Manzoni è un eccesso, probabilmente aveva ragione Giulio Boscagli a sostenerne l'inutilità. Ma allora, vent'anni fa la Cardiochirurgia voleva dire assegnare al presidio di Germanedo un asset in più per competere col Sant'Anna e il San Gerardo.

Stefano se n'è andato col solo conforto della famiglia e di pochi amici, ha pagato il conto per tanti ma alla fine la presenza dei più significativi top manager alle sue esequie ha sancito in via definitiva quanto questo leghista duro e puro ha fatto per la sua comunità.

Claudio Brambilla
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